Il quarto disegno di legge annuale sul Mercato e sulla Concorrenza ha ottenuto il primo via libera alla Camera, introducendo importanti modifiche in materia di sostegno alle startup innovative. Merito dell’approvazione di un maxi-emendamento dei relatori Elisa Montemagni (Lega) e Fabio Pietrella (FdI), presentato direttamente in aula e sul quale il Mimit ha lavorato fino all’ultimo minuto prima che il provvedimento venisse licenziato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera.
La detrazione per gli investimenti in startup sale al 65%
Innanzitutto, dal 1° gennaio 2025, la detrazione Irpef prevista per gli investimenti in startup innovative passerà dal 50% al 65% della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più startup innovative. La detrazione, inoltre, verrebbe concessa “alle sole startup innovative, sino al terzo anno di iscrizione”, purché l’investimento “non produca una partecipazione qualificata superiore al 25% del capitale sociale o dei diritti di governance”.
Tuttavia, “il diritto alla detrazione non sussiste se il contribuente è anche fornitore di servizi alla startup – direttamente, ovvero anche attraverso società controllata o collegata – per un fatturato superiore al 25% dell’investimento portato a beneficio”.
Nello stesso emendamento, trova spazio anche la norma che di fatto spingerà i fondi pensione a investire in venture capital e, quindi, ad aumentare le risorse per le startup innovative. Si prevede, infatti, che i redditi derivanti dagli investimenti fatti dai fondi pensione continueranno a godere dello sgravio fiscale previsto dalla legge di Bilancio del 2017 (imposta sostitutiva del 20%) a patto che almeno il 5% del “paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente” sia destinato in quote o azioni di fondi per il Venture capital. Una percentuale che, invece, salirà al 10% nel 2026.
“Un ulteriore e importante passo verso un’economia più dinamica e aperta, a supporto delle imprese, degli investimenti e a tutela dei consumatori”, ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, parlando di “una svolta storica nel settore delle startup, che consente finalmente di trasformare una idea in una impresa”, e che è stata “per anni attesa dal settore delle startup e del venture capital in Italia”.
Cambiano i parametri per definire le startup “innovative”
L’emendamento andava anche incontro alle richieste bipartisan di abbassare la soglia del capitale sociale che le startup devono avere (entro due anni dall’iscrizione nel registro) per essere definite “innovative”.
Il testo fissava la soglia in 20mila euro, un tetto giudicato troppo elevato da più parti. Tanto che l’emendamento dei relatori non si è limitato ad abbassarlo, ma lo ha eliminato sopprimendo di fatto il riferimento alla soglia di 20mila euro. Ma nella riscrittura della definizione di “startup” non ci si è limitati a questo, perché la modifica approvata in aula ha anche escluso dalla qualifica di startup innovativa le imprese che svolgono “attività prevalente di agenzia e consulenza”. Parallelamente, si interviene sui requisiti per la permanenza della startup nella sezione speciale del registro delle imprese.
In particolare, “dopo la conclusione del terzo anno” la permanenza “è consentita sino a complessivi cinque anni dalla data di iscrizione nel registro” se è integrato almeno uno dei requisiti elencati dalla norma. Tra questi, l’incremento al 25% della percentuale delle spese di ricerca e sviluppo; la stipula di almeno un contratto di sperimentazione con una pubblica amministrazione e l’ottenimento di almeno un brevetto. La permanenza nel registro può essere prolungata di “ulteriori periodi di due anni, sino a un massimo di quattro anni complessivi per il passaggio alla fase di ‘scaleup'” a determinate condizioni definite dalla norma.
Recependo alcuni emendamenti parlamentari, inoltre, si è ampliata la platea dei beneficiari del contributo sotto forma di credito di imposta che il testo inizialmente riservava solo agli incubatori certificati che investivano in una o più startup innovative. Adesso, infatti, il contributo verrà riconosciuto anche agli acceleratori qualificati nella misura dell’8% della somma investita nel capitale sociale di una o più startup innovative direttamente o tramite organismi di investimento collettivo di risparmio o di altre società che investano prevalentemente in startup innovative.
Un’ulteriore stretta sul telemarketing selvaggio
Tra le modifiche al disegno di legge sulla Concorrenza approvate durante l’esame nelle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera, si segnala anche la norma secondo cui l’Agcom dovrà aggiornare il regolamento sulla portabilità dei numeri in modo da impedire o almeno limitare le telefonate pubblicitarie indesiderate. L’obiettivo è quello di contrastare il fenomeno dello scambio di banche dati tra operatori. A tal fine, quindi, la disposizione prevede che l’Agcom conduca anche un’attività di monitoraggio e realizzi una relazione annuale sul fenomeno.
Nonostante le interlocuzioni con il Mimit, infine, non c’è stato spazio per inserire all’interno del ddl Concorrenza la norma voluta dalla maggioranza per introdurre un contributo per l’utilizzo delle reti da parte delle piattaforme digitali che forniscono servizi e contenuti online in modo che i costi per il mantenimento delle infrastrutture di rete non ricadano interamente sugli operatori.
Il mercato delle startup
Nel 2024 gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a circa 1.493 milioni di euro, registrando una buona ripresa (+32%) rispetto al valore totale consuntivo del 2023 (1.131 milioni), pur risultando tuttavia ancora ben al di sotto del consuntivo record del 2022 (2.160 milioni).
Gli investimenti da parte di attori formali (fondi Venture Capital indipendenti, fondi Corporate Venture Capital aziendali e fondi governativi) mostrano un’ottima crescita (+42%) rispetto al 2023. Il dato conferma il ruolo infrastrutturale assunto dal comparto formale, sia a livello istituzionale (Government Venture Capital) che indipendente (Independent Venture Capital). In ripresa anche gli investimenti Corporate, strutturati o meno all’interno di fondi di Corporate Venture Capital, a testimonianza del maggior coinvolgimento delle imprese consolidate. Nel 2024, la percentuale di round che hanno coinvolto le corporate è cresciuta significativamente.
I finanziamenti da attori informali (che includono Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding, aziende non dotate di fondo strutturato di Corporate Venture Capital, e nuove forme di venturing quali Startup Studio e Venture Builder) risultano la seconda componente per valore complessivo, e mostrano una ripresa più contenuta rispetto al 2023 con una crescita del +10%. La ripresa più limitata è strettamente collegata alla situazione contestuale, dove l’aumento dei tassi di interesse ha penalizzato il profilo rischio-rendimento delle startup come asset class (in particolare, si rileva un trend negativo rispetto al segmento dell’Equity Crowdfunding).
I finanziamenti internazionali, terza ed ultima componente, mostrano una leggera ripresa (+30%) dopo il crollo del 2023. In ripresa anche la presenza di investitori internazionali nei principali round di finanziamento, un segnale di fiducia nei “campioni” dell’ecosistema italiano. Tuttavia, è importante sottolineare che anche a livello Europeo il mercato è in una fase di transizione, con una scarsità dei finanziamenti late-stage e di exit, in particolare in termini di IPO