Dopo la sentenza del Consiglio di Stato sulle startup si abbatte un’altra tegola. Nella legge delega Ue, approvata nei giorni scorsi dalla Camera in seconda lettura, spunta un emendamento che, nella pratica, abolisce la modalità di costituzione semplificata online delle startup.
La modifica era stata inserita nel precedente passaggio al Senato e porta la firma dei senatori PD Alan Ferrari, Valeria Fedeli, Luciano D’Alfonso e Tommaso Nannicini.
Si prevede, si legge nell’emendamento, “che la costituzione online sia relativa alla società a responsabilità limitata e alla società a responsabilità limitata semplificata con sede in Italia, con capitale versato mediante conferimenti in denaro, e sia stipulata, anche in presenza di un modello standard di statuto, con atto pubblico formato mediante l’utilizzo di una piattaforma che consenta la videoconferenza e la sottoscrizione dell’atto con firma elettronica riconosciuta”.
In questo modo viene implicitamente abolita la forma dello statuto pre-approvato che rappresentava il pilastro della semplificazione così come viene riconosciuto al notaio il ruolo di unico soggetto certificatore.
La nuova norma ha messo in allerta il governo. Secondo quanto risulta a CorCom da Palazzo Chigi è filtrata l’intenzione di ripristinare il principio della costituzione online delle startup. E anche dal Parlamento emergono malumori, soprattutto in casa Intergruppo Innovazione che sta cercando di capire come intervenire sulla questione, tenuto conto che per prassi le leggi che arrivano in quarta lettura in una delle due Camere – in questo caso al Senato – non viene modificata.
Intanto le associazioni di startup, tra queste InnovUp e Roma Startup, si stanno mobilitando e chiedono di intervenire anche con provvedimenti successivi garantendo che la la costituzione online sia ammissibile per tutti i tipi di società a responsabilità limitata e sia stipulata in una delle tre seguenti modalità: con atto pubblico telematico notarile; mediante scrittura privata informatica con l’atto è soggetto ad omologa da parte dei Tribunale nel cui circondario ha sede la costituenda società; senza richiesta dell’omologa, se la scrittura privata informatica è conforme agli appositi modelli approvati con decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministro della Giustizia.
La sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Consiglio nazionale del Notariato contro il decreto del Mise che regolava la nuova modalità di istituzione delle imprese innovative. Il provvedimento del 2016 varato dallo Sviluppo economico stabiliva infatti che “l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica e portano l’impronta digitale di ciascuno dei sottoscrittori apposta a norma dell’art. 24 del Cad”.
La sentenza della massima Giustizia amministrativa stabilisce che, da oggi e fino a nuovo intervento legislativo, le startup italiane non potranno più costituirsi gratuitamente online e dovranno sottostare ai precedenti adempimenti burocaratici previsti per la altre imprese.
Il Consiglio di Stato ribalta dunque la sentenza del Tar del Lazio che aveva respinto le ragioni dei notai e accolto quelle del Mise e dell’associazione Roma Startup.
La lettera a Draghi dell’Intergruppo Innovazione
All’indomani della sentenza l’Intergruppo Innovazione ha scritto al presidente del Consiglio Draghi. Secondo i parlamentari la decisione costituisce “un passo indietro nella digitalizzazione del paese,” anche considerando il fatto che l’Italia deve recepire entro il 1° Agosto 2021 la direttiva che prevede la possibilità di costituire online società a responsabilità limitata in tutta Europa”.
“Le startup innovative che si sono costituite per via digitale sono ora in una situazione di enorme incertezza che ostacola il loro lavoro e rischia di vanificare progetti e investimenti”, dicono.
Per questo motivo chiedono “un intervento immediato al governo, al fine di chiarire agli operatori le conseguenze della recente sentenza del Consiglio di Stato” e chiediamo a premier e ministri di fare tutto ciò che è necessario per ristabilire e rafforzare misure volte a facilitare la creazione di nuova impresa nel nostro Paese”.
L’appello di Angi
Anche Angi sostiene l’appello dell’Intergruppo e chiede “al governo di chiarire agli operatori le conseguenze della recente sentenza del Consiglio di Stato relativa alle procedure amministrative per la costituzione delle startup e di fare tutto ciò che è necessario per ristabilire e rafforzare misure volte a facilitare la creazione di nuova impresa”.
“Il sostegno all’impresa innovativa è una leva per l’economia nazionale e un passo indietro nel processo di digitalizzazione del diritto amministrativo e’ inaccettabile – spiegano Gabriele Ferrieri, presidente dell’Associazione nazionale giovani innovatori, e Carlo Prosperi, componente del comitato scientifico di Angi – Anche per questo, come già indicato al Parlamento, Angi chiede al ministro Giorgetti e al ministro Colao di promuovere e garantire il coinvolgimento, nei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, delle startup e delle imprese ad alto tasso di innovazione”.
Il commento dei notai
Per il Consiglio Nazionale del Notariato “questa sentenza (del Consiglio di Stato ndr) consente di rimarcare come il Notariato non sia assolutamente contrario al modello ‘startup innovativa’ ed il fatto che il 75% di esse venga costituito attraverso l’atto pubblico notarile ne è la dimostrazione più evidente e pone l’accento sull’importanza del controllo di legalità preventivo in ambito societario al fine di mantenere l’affidabilità dei pubblici registri e non consentire ad organizzazioni malavitose di utilizzare indiscriminatamente nuovi modelli societari particolarmente appetibili in quanto significativamente agevolati, ma non adeguatamente controllati e sorvegliati”.
La precisazione di Tommaso Nannicini
Il senatore del PD, Tommaso Nannicini, precisa a CorCom che l’emendamentè è stato depositato al Senato con la sola firma del senatore Ferrari e in commissione sono state aggiunte le altre firme. L’emendamento aveva inoltre il parere favorevole del governo e il presidente di Commissione ha apposto d’ufficio la firma di Nannicini perché il senatore era presente: si tratta di una prassi utilizzata per non far decadere l’emendamento dato che chi lo aveva presentato era assente.
Articolo originariamente pubblicato il 03 Apr 2021