L'INTERVISTA

Stem e digital skills, Huawei rilancia in Italia. Banti: “Collaborazione pubblico-privato fondamentale”

L’Head of Corporate Communications accende i riflettori sulle potenzialità del Pnrr: “Molti i progetti sul fronte education ma la dotazione tecnologica non basta. E bisogna spingere sulla questione della leadership femminile”

Pubblicato il 28 Set 2021

Enrica Banti Huawei

Ridurre drasticamente il gender gap, spingere l’inclusione, favorire l’ingresso dei giovani nel mondo delle tecnologie e fare in modo che offerta e domanda di lavoro trovino un punto di equilibrio. Queste le principali sfide che attendono i governi di tutto il mondo e in particolare l’Europa dove il gap di competenze resta alto e dove migliaia di posti di lavoro sono già vacanti.

L’Italia è fra i Paesi a più elevato tasso di “analfabetismo” digitale e molto ci sarà da fare anche sul fronte del reskill. Nei giorni scorsi in occasione della Notte Europea dei Ricercatori si è svolto l’incontro finale dell’Iniziativa Speciale sull’Empowerment Femminile (Siwe), promossa dal B20 presieduto da Emma Marcegaglia. Un’occasione per fare anche il punto sui dati: da un sondaggio del 2020 realizzato su 7.000 adulti in 7 Paesi del G20 emerge che il 19% delle donne intervistate e il 25% degli uomini crede che le carriere Stem siano più adatte a questi ultimi che all’universo femminile. E l’International Labour Organization stima che le donne ricoprano solo il 33% dei ruoli manageriali nel settore IT nei Paesi del G20. E, ancora, secondo uno studio statunitense, il 50% delle professioniste nell’ambito della tecnologia abbandonano entro i 35 anni, rispetto a circa il 20% in altri tipi di lavoro, a causa di ambienti di lavoro non inclusivi.

In molti vedono nei fondi e nei progetti messi nero su bianco nel Pnrr la chiave di volta, ma non sarà una passeggiata. “I progetti della Missione 4, quelli dedicati a scuola ed education sono orientati in direzione dello sviluppo di competenze adeguate alle richieste di mercato. E si tratta di progetti importantissimi poiché consentiranno, se ben impostati, di ottenere più di un risultato: adeguata formazione dei giovani, maggiore inclusione e maggiori opportunità per le donne”, spiega a CorCom Enrica Banti, Head of Corporate Communications di Huawei Italia, azienda che nel nostro Paese ha fortemente investito e continua ad investire proprio sul fronte dello sviluppo di nuove competenze attraverso academy dedicate, centri di ricerca e una relazione sempre più stretta e crescente con le università. E che a livello globale vanta il 20% di forza lavoro femminile, con il 20.2% di donne in posizioni manageriali.

Banti, quali sono i nodi da sciogliere?

Tanto per cominciare è necessario comprendere appieno cosa significhi digitalizzare le scuole e le università e come spingere la formazione di nuove competenze. Le dotazioni tecnologiche, fondamentali e necessarie, da sole non sono sufficienti. In Italia siamo partiti dalle Lim, le lavagne digitali, per poi estendere la questione al tema delle dotazioni infrastrutturali, come la connettività, e agli strumenti quali pc e tablet. Molto andrà fatto però sul fronte della formazione degli insegnanti nonché della valorizzazione delle attività laboratoriali e delle esperienze concrete per favorire lo sviluppo di competenze tecniche. Determinante il potenziamento dei programmi negli istituti tecnici, che possono diventare un vero e proprio serbatoio di specialisti e favorire le carriere scientifiche. La possibilità di avere strumenti e laboratori digitali favorisce inoltre l’inclusione. Si pensi ai bambini e ai ragazzi affetti da disabilità: le tecnologie possono aiutare poiché favoriscono l’apprendimento.

Il gender gap è un’annosa questione. Le iniziative non mancano ma la strada è ancora lunga, soprattutto nel nostro Paese. Huawei da sempre è attenta al tema delle competenze e delle stem. Quali le principali iniziative portate avanti?

Nel settore tecnologico il divario di competenze è particolarmente presente. Per quanto ci riguarda in Europa, e più in generale in tutti i continenti in cui siamo presenti, le donne hanno dato e stanno dando contributi estremamente significativi soprattutto in termini di R&D. Tanto per farle un nome, Catherine Chen, Presidente Public Affairs e Comunicazione di Huawei, oltre ad essere la nostra ‘ambasciatrice’, riveste anche un importante ruolo che definirei “politico”. Perché, parliamoci chiaro, il tema della formazione e delle competenze è un tema fortemente politico e per le grandi aziende è indispensabile essere presenti ai tavoli dove si possono promuovere iniziative per superare il gap di genere. Chen è membro della Brics Women Business Alliance e siamo presenti alle iniziative dell’Onu votate a superare il gender gap attraverso le tecnologie.

E concretamente in cosa consistono i progetti?

Ci sono iniziative globali e locali. Le prime sono varie e sono state ridisegnate per migliorare la presenza femminile ad ampio spettro, come Seeds for the Future. Il programma si è evoluto nel corso del tempo: in principio portavamo gli studenti in Cina ma, per permettere maggiore partecipazione femminile, abbiamo deciso di sfruttare la pervasività del digitale. In media la presenza femminile è del 30%, una percentuale consistente al confronto con i dati relativi al gender gap: a livello globale hanno partecipato 8.700 studenti dal 2008 e in Italia – dove l’iniziativa è stata battezzata nel 2013 – sono stati formati circa 200 studenti. Quest’anno, inoltre, abbiamo deciso di aumentare gli investimenti globali e di portare a 150 milioni di dollari la dotazione da qui ai prossimi 5 anni. Il programma quest’anno è stato arricchito con una specifica branca al femminile attraverso la prima della Summer School for Female Leadership in the Digital Age. Abbiamo chiamato a raccolta i 27 Paesi Ue e selezionato 27 donne  – per l’Italia si è classificata Alessia Ruta, studentessa in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani – che hanno potuto fare una vera e propria full immersion in Portogallo e l’iniziativa potrebbe diventare itinerante in tutta Europa. Abbiamo acceso i riflettori sulla leadership perché siamo convinti che debba fare il paio con le ICT skills: bisogna promuovere le competenze Stem ma anche la presenza delle donne nei ruoli direttivi.

Quali iniziative avete battezzato nel corso degli ultimi mesi e quali le novità in cantiere?

Dall’anno scorso abbiamo preso la questione di petto e attivato parecchi progetti, come il Women Developers per le sviluppatrici, per aumentare la community femminile legata a questo lavoro. Poi c’è il tema dello stimolo alla partecipazione femminile alle Stem con le “Role model” attraverso la scelta di profili significativi, non necessariamente noti, che possono rappresentare esempi concreti per le ragazze, li abbiamo raggruppati in un sito dedicato. Da anni partecipiamo inoltre a Stem in the City, l’iniziativa del Comune di Milano alla quale contribuiamo con corsi di formazione su varie tematiche tecnologiche.

Quanto è importante la relazione aziende-università per accelerare sulla formazione tecnologica delle giovani? E quali sono le università con cui avete instaurato le maggiori collaborazioni e con quali risultati?

Il tema su cui bisogna concentrarsi è quello della collaborazione pubblico-privato. Vantiamo collaborazioni con 20 atenei, erano 15 lo scorso anno. E abbiamo 5 Joint Lab con Politecnico di Milano, Università di Siena, “Federico II” di Napoli, Università di Pavia e con il WiLab, Laboratorio Nazionale delle Comunicazioni Wireless, del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (Cnit). Il nostro obiettivo, oltre spingere la ricerca in Italia, è evitare la fuga di cervelli con iniziative concrete ma soprattutto attraverso la possibilità di lavorare. Al termine dei percorsi molti ricercatori trovano collocazione. Nel nostro Centro Globale di Ricerca e Sviluppo di Segrate, abbiamo ad esempio il 54 % di PhD impiegati, una delle percentuali più alte in azienda. Inoltre stiamo attivando collaborazioni sul tema dell’intelligenza artificiale con le università italiane, abbiamo annunciato già quella con l’Università di Bologna e posso anticiparle che ne annunceremo presto un’altra con un’importante università del Nord Italia. A novembre, infine, partirà la nuova edizione italiana del programma Seeds for the Future.

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