Basta pubblicità invadenti. Basta brand che si insinuano sui social o nelle email facendo capire all’utente che ne conoscono gusti e abitudini. Il 76% dei consumatori italiani è pronto ad abbandonare i marchi troppo “disinvolti” e il 63% non vuole più sentir parlare di dati personali raccolti attraverso i dispositivi vocali, quelli di Amazon & co. Emerge dalla ricerca Accenture Interactive secondo cui la digital advertising è a una svolta: è tempo che piattaforme di adv e marchi prendano le misure del rapporto con i consumatori. E inglobino tutte le misure necessarie al rispetto della privacy.
I consumatori italiani hanno però dimostrato di apprezzare alcune strategie per rimediare alle esperienze non andate a buon fine. Gradite le e-mail di scuse e di reminder per qualcosa che è stato scordato nel carrello online.
Nel nostro Paese le categorie online maggiormente apprezzate risultano i retailer, i servizi di streaming, quelli di viaggio (hotel e voli) e infine i servizi di online banking. C’è margine di miglioramento per l’esperienza offerta in ambito digitale per alcuni settori: automobilistico, utilities, sanità e pubbliche amministrazioni.
Sul fronte data breach italiani spaccati: il 42% reagirebbe modificando la propria password, il 39% cesserebbe immediatamente il rapporto e il 35% analizzerebbe con maggior cautela le politiche del brand inerenti alla privacy.
Il panorama fotografato rappresenta anche “un’opportunità per tutti quei marchi – dice Accenture – che offrono ai consumatori esperienze di valore in cambio dei loro dati”. Il rapporto offre infatti ai responsabili marketing una serie di indicazioni sulle strategie da adottare per un utilizzo dei dati “a prova di Gdpr”, la regolamentazione europea per la gestione dei dati personali.
Primo comandamento: rispettare privacy
“Oggi i marchi leader utilizzano i dati per rendere le relazioni con i clienti rilevanti, utili – dice Alessandro Diana, responsabile di Accenture Interactive per l’Italia -. La buona notizia è che hanno la grande opportunità di adottare un approccio più equilibrato all’utilizzo dei dati, creando una customer experience di grande impatto, basata sulla fiducia e sul legame emotivo con i clienti”.
“I risultati della ricerca fanno emergere una domanda: la raccolta dei dati è andata troppo oltre? – si domanda Davide Contrini, Responsabile Experience Services di Accenture Interactive in Italia -: un utilizzo incauto di tutte le informazioni può suscitare l’effetto contrario e una perdita di fiducia. Siamo a un punto di svolta nel digital advertising: i brand devono adottare un approccio trasparente all’acquisizione dei dati, che vada a vantaggio sia del marchio, sia del consumatore.”
Tra i consumatori che hanno trovato invasiva la comunicazione di un brand, il 71% a livello globale, il 62% nel nostro Paese, afferma che ciò è avvenuto perché il brand in questione aveva informazioni su di loro, o sulla loro famiglia, che non erano state condivise direttamente da loro. I marchi lungimiranti stanno sperimentando soluzioni tecnologiche in grado di simulare il comportamento umano e gestire la relazione con i consumatori in maniera più empatica, nei limiti del rispetto e dell’etica.
Ma il brand non deve violare la privacy. Più del 75% dei consumatori, il 63% tra gli intervistati italiani, dice di non trovarsi a proprio agio con la raccolta di dati tramite microfono o assistente vocale e il 51% pensa che la pubblicità invasiva sia in aumento. Quasi il 30%, dei consumatori a livello globale, il 25% nel nostro Paese, dichiara di aver trovato troppo invasiva la comunicazione di un brand – e per tale motivo il 69% di questi intervistati, ben il 76% tra quelli italiani, sarebbe disposto ad abbandonare quel brand.