Stop alla sorveglianza biometrica di massa: è l’appello che la Commissione Ue accoglie attraverso la registrazione dell’”iniziativa della società civile” lanciata da gruppi di cittadini europei – capofila l’associazione no profit Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights – che chiedono una regolamentazione ad hoc per impedire la violazione di diritti fondamentali per l’uomo.
La Commissione ha deciso di registrare l’iniziativa nata a partire dal progetto “Reclame you Face” in quanto, si legge in una nota, soddisfa “le condizioni necessarie” e risulta quindi “giuridicamente ammissibile”. Al momento però la proposta non è stata ancora analizzata nel merito.
Le prossime tappe
A partire da oggi, data di registrazione dell’iniziativa, gli organizzatori hanno sei mesi per avviare una raccolta di firme. Se entro un anno l’iniziativa riceverà un milione di dichiarazioni di sostegno in almeno sette Stati membri, la Commissione avrà a sua volta sei mesi per reagire e decidere se dare o meno seguito alla richiesta, giustificando in ogni caso la decisione.
Prevista dal trattato di Lisbona come strumento per dare modo ai cittadini di influire sul programma di lavoro della Commissione, l’iniziativa dei cittadini europei è stata varata nell’aprile 2012. Per essere ammissibile, l’azione proposta “non deve esulare manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta di atto giuridico e non deve essere manifestamente ingiuriosa, futile o vessatoria né manifestamente contraria ai valori dell’Unione”. Sino ad oggi la Commissione ha registrato un totale di 76 iniziative e ne ha respinte 26 perché non sussistevano le condizioni di ammissibilità.
Cosa prevede la proposta
“Chiediamo alla Commissione europea – si legge nella proposta – di regolamentare rigorosamente l’uso delle tecnologie biometriche al fine di evitare indebite interferenze con i diritti fondamentali”.
In particolare, viene chiesto di vietare, nella legge e nella pratica, usi indiscriminati o arbitrariamente mirati della biometria che possono portare a una sorveglianza di massa illegale. Questi sistemi intrusivi non devono essere sviluppati, implementati (anche su base sperimentale) o utilizzati da enti pubblici o privati nella misura in cui possono portare a interferenze inutili o sproporzionate con i diritti fondamentali delle persone”.
Le prove presentate dimostrano “che gli usi della sorveglianza di massa biometrica negli Stati membri e da parte delle agenzie dell’Ue hanno portato a violazioni della legge sulla protezione dei dati dell’Ue e hanno indebitamente limitato i diritti delle persone, compresa la loro privacy, il diritto alla libertà di parola, il diritto di protestare e di non essere discriminati. L’uso diffuso della sorveglianza biometrica, della profilazione e della previsione è una minaccia per lo Stato di diritto e per le nostre libertà fondamentali”.
Si affermano le tecnologie di sorveglianza
Secondo un sondaggio dell’Agenzia per i diritti fondamentali, l’83% degli europei è contrario alla condivisione dei dati del proprio volto con le autorità e il 94% alla condivisione con soggetti privati.
Tuttavia, si legge nell’iniziativa, “i dati biometrici sono sempre più utilizzati dalle forze dell’ordine nazionali e dell’Ue, dalle autorità pubbliche e da enti privati per l’identificazione o la profilazione delle persone negli spazi pubblici. L’uso indiscriminato o arbitrariamente mirato di tali tecnologie costituisce sorveglianza di massa biometrica e rappresenta un’interferenza intrinsecamente inutile e sproporzionata in un’ampia gamma di diritti fondamentali, tra cui la privacy e la protezione dei dati, e può avere un “effetto raggelante” sulle libertà fondamentali come l’espressione e l’assemblea”.