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Stop all’evasione sugli affitti brevi, il Tar: “Airbnb deve riscuotere le tasse”

I giudici amministrativi del Lazio respingono il ricorso della società che si rifiuta di fare da “esattore”. E l’azienda annuncia ricorso: “Così si punisce chi non paga in contanti”

Pubblicato il 19 Feb 2019

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Airbnb dovrà fare l’esattore. E’ quanto emerge dall’ultimo atto del braccio di ferro che da tempo si consuma tra lo Stato italiano (ma non solo) e la società proprietaria della piattaforma online di affitti temporanei.

Il Tar del Lazio ha infatti respinto il ricorso di Airbnb che si rifiuta di riscuotere la cedolare secca dai proprietari di appartamenti. A stretto giro la società annuncia ricorso contro “una pronuncia – fa sapere – che punisce chi non usa il contante”.

“La sentenza del Tar – commenta il ministro del turismo, Gian Marco Centinaio – conferma quanto noi abbiamo sempre sostenuto, la lotta all’abusivismo e all’illegalità è prioritaria per il rilancio del turismo che oggi sta investendo e danneggiando l’intero settore. Il nostro impegno è costante, stiamo lavorando a un codice identificativo per combattere questa problematica che caratterizza l’accoglienza turistica”.

Secondo Federalberghi “non ci sono più alibi per chi, da quasi due anni, si prende gioco delle istituzioni: Airbnb deve riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all’Agenzia delle Entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi”.

Per gli albergatori “nei primi 18 mesi di mancata applicazione dell’imposta Airbnb ha omesso il versamento di più di 250 milioni di euro”.

“D’altro canto – sottolinea Federalberghi in una nota – non si vede quali motivi impediscano la riscossione, considerato che il portale già svolge, sia in Italia (per conto di alcuni comuni) sia all’estero, attività simili a quelle che vengono contestate, e che addirittura informa pubblicamente gli host italiani del fatto che potrebbe essere chiamata a riscuotere imposte e raccogliere dati”.

Il Tar, nel dichiarare infondate le doglianze di Airbnb, ha rammentato che gli intermediari sono ‘sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017 e da versare entro il 16 ottobre 2017’“. “Ci auguriamo che la decisione del Tar – commenta Federalberghi – faccia riflettere le amministrazioni locali che troppo spesso si genuflettono dinanzi ad evasori conclamati e stringono con loro accordi privi di trasparenza, che consentono agli abusivi di continuare a prosperare sotto lo scudo dell’anonimato”.

“L’opera di bonifica del mercato è appena agli inizi e confidiamo che il ministro del Turismo dia seguito in tempi brevi alle misure annunciate durante l’incontro con gli organi direttivi di Federalberghi, che prevedono l’istituzione di un registro nazionale degli alloggi turistici, assegnando ad ognuno di essi un codice identificativo – conclude l’organizzazione – e vietando ai portali di mettere in vendita le strutture che siano prive del codice”.

La risposta di Airbnb: “Siamo delusi – fa sapere l’azienda – dal pronunciamento del Tar del Lazio e intendiamo fare ricorso presso il Consiglio di Stato, anche ai fini dell’eventuale interessamento della Corte di Giustizia Europea”.

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