SCENARI

Strade e opere di ingegneria civile, la chiave di volta è la manutenzione predittiva

Gli algoritmi di (big) data mining e cognitive computing consentono di monitorare ed evitare situazioni di crisi. La trasformazione digitale delle infrastrutture non può più aspettare. L’analisi di Fulvio Ananasso, presidente di Sgi e consigliere Cdti

Pubblicato il 18 Gen 2019

Fulvio Ananasso

Presidente di Stati Generali dell’Innovazione e Consigliere Cdti

Il_Ponte_Morandi_dopo_il_crollo_visto_da_Est_panoramica

Le esigenze di “infrastrutture resilienti” – richiamate nel sustainable development goal (SDG) 9 dell’Agenda Globale ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile – richiedono investimenti molto significativi, alla luce del preoccupante stato delle infrastrutture del Paese.

C’è la necessità di interventi per l’aumentare la sicurezza stradale e di un nuovo quadro di programmazione delle infrastrutture idriche. Nel trasporto ferroviario merci l’Italia è indietro rispetto alla media Ue mentre sulle infrastrutture aeroportuali l’Italia sta registrando una crescente mobilità extra-europea. E, ancora, nell’infrastruttura Lng (liquefied natural gas, metano liquido), l’iniziativa privata sta dando risposta alle esigenze di trasporto terrestre.

In questo quadro la digitalizzazione è fondamentale. Grazie alle reti digitali è possibile costruire vere smart communities nell’ottica della “Società 5.0”, che aiuta a risolvere i problemi della collettività piuttosto che semplicemente migliorare la produttività, creando le premesse per l’aggregazione di comunità intelligenti verso la “smart Nation”. Il recente tragico crollo del viadotto Morandi di Genova ha portato alla luce gravi carenze di monitoraggio e manutenzione sull’intera rete autostradale. Le “infrastrutture resilienti” – ancorché riferibili più a infrastrutture stradali ordinarie che alle strutture sospese, mancando dei necessari requisiti di “rapid recovery” – necessitano di sistemi di monitoraggio (automatico) dei principali parametri ambientali, fisici, chimici, meccanici, per poter stimare lo stato di salute delle strutture.

Il grosso delle strutture di ingegneria civile del Paese è stato realizzato tra gli anni ’60 e ’70, età pericolosamente vicina alla citata vita media di 50÷70 anni. Dovrebbe pertanto diventare obbligatoria la valutazione del risultante comportamento strutturale con moderne tecniche predittive / prescrittive – tipiche degli algoritmi di (big) data mining / cognitive computing – in modo che i potenziali difetti possano essere rilevati nelle fasi iniziali e la sicurezza garantita mediante adeguata manutenzione mirata. Le (sole) ispezioni visive (peraltro saltuarie) non possono fornire informazioni sufficienti sulla durata della struttura, mentre monitorando con continuità la salute strutturale con information & communication technologies (ICT), eventuali anomalie possono essere rilevate con tempestività, ottimizzando gli interventi (mirati) di manutenzione e riducendone in tal modo i costi operativi.

Problemi analoghi si presentano ovviamente anche all’Estero – è dello scorso novembre il crollo in una importante arteria di San Paolo in Brasile -, ma i Paesi più avanzati (come il Giappone, con un ordine di grandezza in più di strutture sospese rispetto all’Italia) impiegano ormai da anni sistemi di prevenzione e monitoraggio Ict per la ‘manutenzione predittiva’, mediante rilevamento (automatico) dei principali parametri ambientali, fisici, chimici, meccanici, delle infrastrutture per poterne stimare lo stato di salute e simularne (analogamente al “digital twin” di Impresa 4.0) i comportamenti futuri e i tempi di possibili defaillance (più o meno serie), permettendo di prendere in tempo utile le opportune contromisure. Da noi, la relativa norma UNI 1047 risale al 1993, ma risulterebbe poco (o nulla) applicata.

Sostanzialmente, occorre monitorare ogni ponte su base giornaliera, e decidere le necessarie azioni manutentive sulla base di priorità derivanti dalle esistenti  tecnologie di structural health monitoring (SHM), che consentono un monitoraggio continuo e sistematico delle infrastrutture ben più efficace delle telecamere, il cui funzionamento è tra l’altro influenzabile dal maltempo (V. caso di Genova). Grazie all’ampia disponibilità di tecnologie per la raccolta, l’archiviazione e l’analisi di dati è relativamente agevole realizzare una manutenzione predittiva (‘su condizione’) al posto di (o insieme a) quella ‘programmata’ – più costosa e meno efficace -, utilizzando i continui progressi nel data mining / machine learning. Oltre ai sensori da installare in loco per il monitoraggio strutturale – integrità delle giunture, fibre ottiche nelle strutture per rilevarne le deformazioni mediante misura delle variazioni delle prestazioni elettromagnetiche, misura delle vibrazioni mediante accelerometri e altro -, ci sono i droni e le tecnologie satellitari in grado di monitorare anche piccoli spostamenti delle strutture – e.g. synthetic aperture radar (SAR).

Per le nuove opere (“greenfield”), occorre attuare nuovi strumenti di progettazione strutturale, con norme vincolanti che equiparino la prevenzione infrastrutturale alla normativa vigente per la sicurezza. Ad esempio utilizzando sinergie tra Impresa 4.0 e Intelligenza Artificiale, dalla cui unione nasce il “digital twin”, un approccio innovativo di confronto tra dati reali rilevati e sistemi di analisi, simulazione e calcolo, capace di analizzare e stimare virtualmente prestazioni reali. Il digital twin consente di costruire una copia virtuale dell’impianto reale, in grado di replicarne il funzionamento effettivo e prevederne i possibili comportamenti. Si potrebbe cioè realizzare, per ciascuna nuova opera, un modello ‘gemello’ su cui simularne i comportamenti sulla base di dati reali rilevati in situazioni analoghe – utilizzando a esempio tecniche di supervised machine learning. Gartner stima una crescita esponenziale dei progetti IoT che utilizzeranno “gemelli digitali” per poter testare le soluzioni prima di realizzarle effettivamente.

Un primo passo fondamentale sarebbe la mappatura delle infrastrutture, attraverso un registro centralizzato analogo al Sistema Informativo Nazionale Federato delle Infrastrutture (SINFI) per le reti di telecomunicazione. Data la vasta moltitudine di player nelle comunicazioni elettroniche (Operatori piccoli e grandi, gestori delle varie utilities, Comuni, Enti Locali, …) il Sinfi non è stato ancora completato, ma il minor numero di attori nelle infrastrutture stradali (Aiscat, Anas, Autostrade per l’Italia, EE.LL., …) potrebbe ragionevolmente consentirne una realizzazione molto più rapida. Una tale mappatura delle infrastrutture, attraverso banche dati regionali o nazionali con anagrafiche e comportamenti delle strutture monitorate, costituirebbe un registro informatizzato delle opere civili (ad es. basato su tecnologia blockchain per il tracciamento degli interventi) che ne individui età, parametri strutturali, stato di “salute”, storico degli interventi manutentivi, in grado di costituire un ‘catasto’ organizzato per classi di rischi potenziali e relative priorità degli interventi manutentivi da porre in essere.

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