ByteDance ha rimandato “a data da destinarsi” il debutto in Borsa: secondo quanto scrive il Wall Street Journal, l’azienda cinese proprietaria della app TikTok ha di fatto rinunciato all’Ipo dopo che Pechino ha sollecitato il management a concentrarsi sulle lacune nella protezione dei dati personali.
Focus sulla sicurezza e la stabilità finanziaria
ByteDance stava valutando la quotazione di parte o di tutte le attività sulla Borsa di Hong Kong oppure su quella di New York. Il fondatore Zhang Yiming avrebbe però congelato i piani dopo aver incontrato i regolatori cinesi dei mercati finanziari e del cyberspazio (la Cyberspace Administration of China), che hanno chiesto all’azienda di risolvere prima i problemi di sicurezza e privacy.
Altra questione portata alla luce dal governo cinese era la mancanza di un chief financial officer nel momento in cui ByteDance stava valutando l’Ipo, ovvero a inizio anno. La società pechinese ha poi assunto, a marzo, Shou Zi Chew nella carica di Cfo, alimentando ulteriormente le ipotesi che si avvicinasse all’ingresso in Borsa. Shou è un ex manager del produttore di smartphone Xiaomi.
La stretta di Pechino sulle Ipo: il caso di Didi
ByteDance non ha voluto commentare su quelle che definisce “speculazioni” sulla propria Ipo, ma la notizia pubblicata dal WSJ si colloca nella nuova politica regolatoria voluta dal presidente della Cina Xi Jinping che cerca di serrare le maglie del controllo statale sulle proprie imprese. Ad aprile 33 app per smartphone finite nel mirino della Cyberspace Administration of China per il mancato rispetto della normativa sulla privacy (installazioni senza consenso da parte degli utenti, mancata cancellazione dei dati nei tempi previsti o modifiche degli stessi le più comuni violazioni individuate). Ora la stessa autorità sul cyberspazio, che riporta direttamente a Xi, ha annunciato che supervisionerà tutte le quotazioni sulle Borse estere.
Già nei giorni scorsi Pechino ha fatto cadere il suo scrutinio su Didi, il servizio di ride hailing e food delivery (l’analoga cinese di Uber), che si è quotata al Nyse. L’operazione, del valore di 4,4 miliardi di dollari, è stata condotta in sordina nei giorni dall’azienda cinese, probabilmente nella consapevolezza delle mosse del regolatore. Che infatti hanno aperto un’inchiesta sull’azienda per motivi di cybersicurezza, le hanno vietato di accettare nuovi utenti e hanno ordinato agli app store di rimuovere la app Didi.