DIGITAL TRANSFORMATION

Rapporto Censis, su Internet 3 italiani su 4. Ma la crescita rallenta

Tocca il 75% la quota di utenti online spinta da smartphone e social anche se l’aumento è minore rispetto agli anni precedenti. Per tre quarti di under30 l’informazione passa da Facebook. La digital transformation rimodella le abitudini, ma alcuni servizi sono al palo: prenotazioni online delle visite mediche e rapporti con la PA. Valerii: “Fase transitoria, convivenza offline-online”

Pubblicato il 04 Ott 2017

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I tg sono ancora la prima fonte d’informazione degli italiani (per il 60,6%), ma al secondo posto c’è Facebook (35%, per gli under30 la percentuale sale al 75%). Lo dice il 14esimo Rapporto sulla Comunicazione del Censis presentato oggi a Roma a Palazzo Giustiniani. Internet è star assoluta dell’immaginario collettivo eppure, dice Massimiliano Valerii, direttore del Censis, “nonostante le distanze tra i consumi mediatici dei giovani e quelli degli anziani siano assai rilevanti, la fase che viviamo si caratterizza come transitoria, per cui nel corpo sociale coesistono valori vecchi e nuovi, offline e online” presentando il rapporto nel corso di una tavola cui hanno partecipato tra gli altri Gian Paolo Tagliavia (Cdo Rai), Gina Nieri, (Consigliere amministrazione Mediaset), Massimo Angelini (Direttore Pr Internal & External Communication Wind Tre), Laura Bononcini (Head of Public Policy Facebook Italia), Maurizio Costa (Presidente Fieg) e Giuseppe De Rita Presidente del Censis.

Un nuovo scenario totalmente confermato dai dati del rapporto secondo cui è arrivata al 75,2% la percentuale di italiani che naviga sul web, con un gap sempre minore tra giovani e adulti, grazie all’enorme diffusione di smartphone e social network. L’informazione passa sempre più dai social, con conseguenze evidenti sul patrimonio conoscitivo degli italiani: a più della metà degli utenti di internet è capitato di dare credito a fake news in rete: spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%. Ma l'”immaginario” come “petrolio della società del futuro” (come dice Valeri) è anche al momento in bilico tra on e offline. Pur scendendo di tre punti in un anno, la tv “tradizionale” (digitale terrestre) si conferma mezzo con un seguito elevatissimo (92,2%). “La ‘fabbrica dell’immaginario’ – dice Gina Nieri – viene alimentata dai contenuti, il rapporto lo conferma. Stiamo assistendo a una sempre maggior osmosi tra mondo online e offline, ma il contenuto ‘organizzato’ rimane re. Serve puntare a uno scenario in cui le asimmetrie regolamentari fra operatori tv e Ott non la facciano più da padrone, come invece accade nella situazione attuale”.

Tra i mezzi utilizzati per informarsi dai giovani seguono i motori di ricerca su internet come Google (25,7%) e YouTube (20,7%). Le persone più istruite, diplomate o laureate, restano affezionate ai tg generalisti (62,1%), ai giornali radio (25,3%) e alle tv all news (23,7%), ma danno comunque molta importanza a Facebook (41,1%). I quotidiani vengono al sesto posto nella classifica generale: li usa regolarmente per informarsi il 14,2% della popolazione, il 15,1% delle persone più istruite, ma solo il 5,6% dei giovani.

Fake news e post-truth A più della metà degli utenti di internet è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete: è successo spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%, per un totale pari al 52,7%. La percentuale scende di poco, rimanendo comunque al di sopra della metà, tra le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i giovani under 30, che dichiarano di aver creduto spesso alle bufale in rete nel 12,3% dei casi. Quali sono i giudizi espressi sulle fake news? Per tre quarti degli italiani (77,8%) si tratta di un fenomeno pericoloso, soprattutto per i diplomati e laureati (80,8%). Proprio i più istruiti ritengono, con valori superiori alla media della popolazione, che le bufale sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%). I giovani invece danno meno peso a queste valutazioni. Il 44,6% ritiene che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso potere.

La disintermediazione digitale. App e startup stanno rimodellando abitudini e comportamenti quotidiani. Il 39,7% degli utenti di internet controlla il proprio conto corrente grazie all’home banking (circa 15 milioni di persone), il 37,7% fa shopping in rete. Non decollano, però, le prenotazioni sul web delle visite mediche (8%), né i rapporti online con le pubbliche amministrazioni (14,9%). Cresce invece il fenomeno del self-tracking: oggi il 13,2% degli italiani si avvale di dispositivi digitali per monitorare e archiviare informazioni sul proprio stile di vita (attività fisica e sportiva, dieta alimentare e altro). I servizi digitali come quelli offerti da Uber a Airbnb, da Deliveroo a Foodora sono stati utilizzati nell’ultimo anno dal 6,9% degli italiani, con un coinvolgimento maggiore dei giovanissimi under 30 (10,4%) e delle persone più istruite (9,3%). Questi servizi vengono promossi per il loro carattere innovativo (il 59,1% degli italiani riconosce loro il merito di aprire continuamente nuove strade all’innovazione) e perché fanno risparmiare tempo e denaro (54,1%). La preoccupazione maggiore resta l’impatto reale dell’app economy sui posti di lavoro: per il 44,7% degli italiani non si crea nuova e vera occupazione.

Crescita minore. Pur rallentando il ritmo di crescita, nel 2017 gli utenti di internet in Italia costituiscono il 75,2% della popolazione (+1,5% in più del 2016). Il telefono cellulare è usato dall’86,9% degli italiani, quota nella quale domina lo smartphone (69,6%). I due social network più popolari restano Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%); cresce Instagram (21%), mentre Twitter resta al 13,6%. Gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone.

Spesa per smartphone, servizi di telefonia e traffico dati: è a oltre 22,8 miliardi di euro. Tra il 2007 e il 2016, boom per gli smartphone (+190%, per un valore di poco meno di 6 miliardi di euro nell’ultimo anno) e un grande rialzo di vendite per i computer (+45,8% tra 2007 e 2016). Crolla invece la spesa per libri e giornali (-37,4%).

Tv mobile. La tv tradizionale (digitale terrestre) scende del 3,3% rispetto al 2016, ma conferma un seguito elevatissimo (92,2%). La tv satellitare nel 2017 è al 43,5%; cresce la tv via internet (26,8%, +2,4% in un anno) e decolla la mobile tv, che ha raddoppiato rispetto al 2016 i suoi utilizzatori, dall’11,2% al 22,1%. La radio è sempre amatissima dagli italiani, con una utenza complessiva dell’82,6%: tuttavia scende l’ascolto di quella tradizionale (59,1%) e cresce l’ascolto della radio via internet attraverso il pc (18,6%).

Piattaforme online. La grande novità dell’ultimo anno sono le piattaforme online digitali video e audio, come ad esempio Netflix o Spotify. L’11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio.

Forbice ristretta junior-senior. Nel 2017 viene praticamente colmato il gap nell’accesso a internet, tra giovani e adulti, con una utenza dell’87,8% tra i 30-44enni contro il 90,5% dei 14-29enni. Lo stesso avviene, fra gli altri, per i social network (l’80,4% e l’86,9% di utenza rispettivamente) e gli smartphone (l’84,7% e l’89,3%). Sempre meno popolari invece i quotidiani a stampa, letti nel 2017 dal 27,5% di adulti rispetto al 46,6% del 2012, e dal 23,6% di giovani rispetto al 33,6% del 2012.

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