IL REPORT

Supply Chain Finance, in Italia vale 637 mld. Ma la strada è in salita

Secondo gli Osservatori del Polimi il mercato tricolore è il più importante d’Europa ma il “servito” si ferma al 23%: dominano le soluzioni tradizionali, come l’anticipo fattura e il factoring (58 miliardi). Si diffondono nuovi prodotti legati allo sviluppo fintech: blockchain sugli scudi

Pubblicato il 15 Mar 2018

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Cresce l’interesse verso nuove soluzioni innovative, si diffonde l’uso di tecnologie come Internet of Things, Big Data e Blockchain, si consolida l’offerta delle startup e si affacciano nuovi attori importanti: in Italia il Supply Chain Finance si è ormai affermato come una realtà in grado di offrire opportunità concrete per il finanziamento delle imprese. Ma le potenzialità del credito di filiera sono ancora in larga parte da sfruttare. Sono i risultati della ricerca dell’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano.

Con un tempo medio di incasso dei crediti commerciali di 98 giorni e di pagamento dei debiti ai fornitori di 124 giorni (dati 2016), il mercato potenziale del Supply Chain Finance in Italia è pari a 637 miliardi di euro (di cui il 74% di crediti verso clienti e il 26% verso le consociate), il più importante in Europa, di gran lunga superiore a Germania (582 mld), Francia (529 mld), Regno Unito (411 mld), Spagna (341 mld) e Olanda (170 mld). Ma il mercato servito si ferma solamente al 23% del totale (il 29% se si considerano solo i crediti verso i clienti), pari a oltre 146 miliardi di euro, per il momento ancora dominato da soluzioni tradizionali, come l’Anticipo Fattura, cioè il finanziamento delle fatture non ancora riscosse che passa dagli 87 miliardi del 2015 ai 75 mld del 2016 (-13,8%), e il Factoring, la cessione di crediti commerciali vantati da un’azienda verso i debitori che sale del +6,6% a quota 58 miliardi.

Nell’ultimo anno però a crescere è stato soprattutto il Reverse Factoring, che permette ai fornitori di sfruttare il merito creditizio di un’azienda cliente per ottenere prezzi più bassi (3 mld, +7%), mentre hanno preso piede anche nuove soluzioni innovative come l’Invoice Auction,  il Purchase Order Finance, il Dynamic Discounting e l’Equipment Finance, di cui si prevede una forte crescita nel 2017 grazie al boom del Fintech e all’impiego di tecnologie innovative come Blockchain, Big Data e Internet of Things.

La necessità di trovare nuove forme di finanziamento per le imprese per sfruttare le potenzialità offerte dal credito di filiera attira nel settore nuove imprese innovative: sono state analizzate oltre 100 startup internazionali in ambito Supply Chain Finance, di cui 15 italiane, che puntano a velocizzare e digitalizzare la gestione dei crediti commerciali con servizi rivolti prevalentemente alle Pmi. E diventa sempre più importante il ruolo degli operatori logistici, che, oltre a gestire il flusso fisico della merce dei loro clienti, hanno una visibilità costante sui flussi informativi e finanziari della filiera.

“La ricerca mostra come il Supply Chain Finance in Italia sia ormai una realtà affermata, che evolve verso nuove prospettive – commenta Federico Caniato, Direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance – Il mercato servito si consolida, con un’attenzione crescente verso le soluzioni innovative, anche se quello potenziale resta ancora molto rilevante, con grandi opportunità ancora da cogliere in particolare per il supporto delle Pmi. C’è fermento per l’ingresso di nuovi attori sul mercato, soprattutto operatori internazionali e startup che offrono servizi snelli basati su piattaforme digitali”.

Nonostante le soluzioni tradizionali di Supply Chain Finance coprano ancora la maggior parte del mercato servito, in Italia si stanno diffondendo soluzioni innovative legate allo sviluppo del Fintech di cui si prevede una forte crescita in futuro. Una di queste è il Purchase Order Finance, l’impiego di un ordine ricevuto da un cliente con elevato merito creditizio come garanzia per ottenere un finanziamento: rispetto alle soluzioni tradizionali, il focus del finanziamento si sposta dalla fattura all’ordine, supportando l’acquisto dei materiali o prodotti necessari a produrre quanto ordinato. Un’altra è il Dynamic Discounting, il pagamento anticipato a fronte di uno sconto proporzionale ai giorni di anticipo, che consente il finanziamento anche solo tra attori della filiera senza coinvolgere finanziatori terzi. Poi c’è l’Equipment Finance, l’insieme di strumenti finanziari a supporto dell’acquisto di asset durevoli, che estende a questi i tradizionali confini del Supply Chain Finance.

Le imprese italiane intervistate dall’Osservatorio considerano le tecnologie come Blockchain, Big Data e Internet of Things lo strumento per superare le barriere che finora hanno frenato l’adozione delle soluzioni più innovative.

L’analisi compiuta dall’Osservatorio in collaborazione con Assifact (Associazione Italiana per il Factoring) ha esaminato anche le soluzioni di finanziamento del capitale circolante portate dalle principali nuove imprese, analizzando oltre 100 startup internazionali in ambito Supply Chain Finance, di cui almeno 15 italiane. Le startup offrono servizi snelli e veloci basati su piattaforme digitali che riducono le interazioni umane e accelerano i tempi per l’erogazione degli anticipi sui crediti commerciali ceduti, soprattutto per ottimizzare la liquidità all’interno della filiera in favore delle Pmi, che si trovano ad affrontare le difficoltà maggiori nell’accesso al credito.

Sono 4 i business model distintivi: le startup Cash Seeker mettono in contatto investitori che cercano opportunità di investimento non tradizionali con imprese che cercano liquidità alternativa perché in difficoltà nell’accedere al canale bancario; le Cash Exploiter sfruttano la liquidità in eccesso della filiera a vantaggio di piccoli fornitori che faticano ad accedere al credito; le Working Capital Broker trovano alternative di finanziamento al canale tradizionale cliente-fornitore mettendo in contatto imprese che necessitano di credito con investitori istituzionali; le Compassriducono le asimmetrie informative lungo la filiera e semplificano la valutazione del merito creditizio o la gestione del cash flow.

Dall’analisi sulle startup appare chiara l’influenza del Fintech sui modelli tradizionali in Italia –spiega Caniato– Questi paradigmi creano alternative e concorrenza, democratizzando strumenti e offerte prima difficilmente accessibili alla grande massa. Emerge una spaccatura tra startup che adottano modelli di alternative finance, in antitesi con i modelli tradizionali, e quelle che si basano sul coinvolgimento degli attori istituzionali, in ottica di collaborazione”.

All’interno dell’ecosistema della supply chain è sempre più decisivo il ruolo degli operatori logistici, che partecipano alle soluzioni di Supply Chain Finance secondo 4 modelli. Gli  Indipendenti offrono soluzioni in autonomia senza supporto finanziario di terzi; gli Spin-Off creano una società per offrire servizi in esclusiva; quelli in Joint Venture creano una nuova società specializzata con un provider di finanziamento; quelli in Collaborazione gestiscono il flusso informativo per il provider di finanziamento. Gli asset più finanziati dagli operatori logistici sono quelli durevoli dei clienti (di movimentazione merci e investimenti in innovazione o attività a valore aggiunto), scorte (soluzioni che monetizzano il capitale immobilizzato nelle scorte di magazzino), crediti o debiti commerciali (operatori che agiscono come finanziatori o segnalano informazioni agli operatori finanziari).

Gli operatori logistici adottano prevalentemente 4 modelli di business: forniscono soluzioni per ampliare l’offerta di servizi a valore aggiunto tradizionali della logistica; entrano nel mercatosfruttando la collaborazione con istituti finanziari come leva commerciale per attrarre nuovi clienti; si presentano come attori di alternative finance, investendo risorse finanziarie e competenze in una società specializzata che offre soluzioni di finanziamento delle scorte o delle fatture; offrono soluzioni di supporto al capitale circolante dei propri clienti come Inventory Finance, Factoring e Reverse Factoring.

Un’analisi dell’Osservatorio sui bilanci a livello internazionale degli ultimi 4 anni dimostra come la probabilità di default delle imprese sia influenzata dalla gestione del capitale circolante. Il modello costruito dall’Osservatorio si basa su dati di bilancio che incorporano maggiormente una prospettiva di filiera (quelli relativi alla gestione del circolante, come Days Payable Oustanding, Days Sales Oustanding e Inventory Turnover) e, benché molto semplificato rispetto ai modelli utilizzati dalle principali Agenzie di Rating e istituti finanziari, ha un’accuratezza predittiva molto elevata, pari all’80%, con circa 18 mesi di anticipo, confermando la rilevanza della prospettiva di supply chain per una buona gestione del capitale circolante.

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