LAVORO

Svolta per i gig workers negli Usa: nello “stipendio” anche le azioni di Uber & Co

La Sec propone un programma pilota che permette alle piattaforme digitali di remunerare i collaboratori con un mix di cash e equity, fino al 15% del totale. Ma i democratici non ci stanno: “E’ un favore alle big tech”

Pubblicato il 26 Nov 2020

Gig economy

Il regolatore di Borsa americano (Sec) ha proposto un programma pilota che modifica il modo di remunerare i lavoratori della gig economy. La novità permette a società quotate come Uber e Lyft di pagare i loro collaboratori anche includendo in “busta paga” delle azioni: un mix di equity e cash in cui, però, le azioni non potranno superare il 15% del compenso annuo o 75.000 dollari in tre anni.

La decisione, ha indicato la Securities and exchange commission, riflette i cambiamenti sul mercato del lavoro. Secondo la Sec, le aziende di Internet dovrebbero avere gli stessi incentivi a remunerare in azioni i loro “gig-workers” esattamente come fanno con i dipendenti. Ad oggi le regole della Sec non consentono alle aziende dell’economia dei “lavoretti” di pagare i loro collaboratori in azioni.

Più “flessibilità” per le tech companies

La proposta della Sec non implica che le aziende come Uber debbano aumentare il compenso annuale dei loro lavoratori. Invece, la norma al vaglio intende creare flessibilità per queste imprese nel modo di remunerare la forza-lavoro. “I rapporti di lavoro si sono evoluti insieme agli avanzamenti tecnologici e i lavoratori che fanno parte della gig economy sono sempre più importanti per la crescita della più ampia economia degli Stati Uniti”, ha affermato il presidente della Sec, Jay Clayton.

I commissari Democratici della Sec non sono tuttavia d’accordo: secondo il loro punto di vista, dare alle Big tech la flessibilità di pagare i collaboratori con un mix cash-equity creerà una disparità sul piano della concorrenza, favorendo alcune aziende a scapito di altre. “Indipendentemente dai possibili meriti del compenso in equity per i lavoratori non dipendenti, la proposta non stabilisce in base a quale criterio si conferisce questa flessibilità a un particolare modello di business” e non ad altri, hanno indicato in una nota le commissarie Democratiche Allison Lee e Caroline Crenshaw.

Drivers e riders: quali diritti?

La decisione della Sec arriva mentre il dibattito sulla gig economy e i suoi impatti sul lavoro è quanto mai acceso. A inizio mese, in concomitanza con le elezioni presidenziali Usa, nello Stato della California si è tenuto un referendum sul trattamento contrattuale dei drivers dei servizi di ride-hailing come Uber e Lyft e gli elettori californiani hanno bocciato la proposta di equipararli a dei dipendenti. I driver restano dunque collaboratori autonomi e, pur se negli anni le tutele sono aumentate, restano in molti casi privi di diritti quali ferie e malattie pagati, assistenza sanitaria, assicurazione sugli infortuni o versamenti ai fondi pensionistici.

In Italia è invece in corso una trattativa sul contratto dei riders, i “ciclo-fattorini” delle consegne a casa di pasti e alimenti. Il ministero del Lavoro ha in programma l’istituzione di un Osservatorio di settore per monitorare il comparto e avere un quadro di riferimento condiviso su dati, indicatori, attività, condizioni di mercato, occupazione.

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