31 dicembre 2017: ci siamo quasi. E’ la dead line per il primo step del maxi-processo che porterà l’Italia a riorganizzare lo spettro radio, secondo il piano previsto dal Parlamento Ue, in vista del salto al 5G. Entro fine anno, appunto, dovranno essere conclusi gli accordi di coordinamento transfrontaliero sulle interferenze: premessa imprescindibile per arrivare al secondo step – 30 giugno 2018 – quando gli Stati dovranno rendere pubblici le proprie road map per liberare le frequenze entro il 2022, quando dovranno essere consegnate alle Tlc mobili. Un cammino che l’Italia ha già intrapreso: siglati la scorsa settimana gli accordi cross border con Francia e Vaticano, alle porte la firma con il Principato di Monaco, in via di risoluzione le intese con gli ultimi Stati. Aperti anche i tavoli stakeholder-istituzioni: di pochi giorni fa un round table con i broadcaster, sarà ora la volta dei produttori di apparecchi riceventi, TV e decoder, in grado di ricevere il segnale televisivo nel post-switch off. “Ma non stiamo mettendo fretta al governo” dice Marco Hannappel, consigliere delegato di Anitec-Assinform oltre che vp di Samsung Electronics Italia, fotografando per Corcom lo scenario alla vigilia delle “grandi manovre” che coinvolgeranno governo, regolatori, emittenti Tv, produttori di Tv e decoder, telco. “La nostra parte abbiamo cominciato a farla per primi”.
Qual è il ruolo del settore in vista del “salto” che aspetta l’Italia?
Per parte nostra abbiamo adempiuto alla richiesta del governo di modificare i prodotti in vendita nei negozi: da oltre 15 mesi i produttori hanno cessato le vendite di apparecchi sprovvisti di tuner Dvb-T2 e codec Hevc, le tecnologie individuate dall’Italia per il passaggio che affronterà la piattaforma di distribuzione dei servizi Tv. Significa che i produttori di Tv e decoder si sono adeguati per tempo alle scelte del legislatore, sostenendo investimenti aggiuntivi, per realizzare una produzione specifica per il mercato italiano. Ora serve, come già avvenuto per lo switch off analogico-digitale, una road map dei tempi e modalità così da permettere ai produttori di provvedere per tempo alla fornitura degli apparecchi ad hoc. Come Anitec-Assinform ci aspettiamo un regalo di Natale: la convocazione di un tavolo che riunisca gli stakeholder del settore che stabilisca tempi e modalità dello switch off, così da poter pianificare nei tempi giusti l’approvvigionamento dei prodotti. Va considerato, per esempio, che abbiamo già pianificato le vendite del 2018.
Il mondo delle associazioni industriali è favorevole a un passaggio tecnologico nei tempi richiesti dall’Europa?
Negli ultimi mesi il Paese sembra aver preso coscienza del ruolo cruciale del digitale. Recuperare il ritardo con i maggiori Paesi europei porterebbe un aumento di circa 2 punti di Pil e creerebbe circa 700mila posti di lavoro in cinque anni, secondo le stime di Confindustria. Quindi ora serve dare rapida esecuzione ai piani del governo in una logica Industry 4.0 e Smart Home, il cui sviluppo è strettamente legato alla disponibilità di una rete 5G. E non essere tra i primi in Europa nell’adozione delle nuove tecnologie e servizi 5G metterebbe l’Italia in una posizione di ulteriore svantaggio, con gravi ripercussioni su economia, efficienza della PA, imprese e cittadini.
Come si inserisce in questo senso lo switch off “televisivo”?
Non è che un tassello della digitalizzazione italiana che porterà a Industria 4.0/Impresa 4.0, all’Internet of Things, frontiere strettamente legati disponibilità di una rete 5G, in grado di veicolare in modo efficiente i servizi digitali più evoluti e di sostenere il crescente traffico dati. Sui tempi la direttiva Ue è chiarissima: 2022, l’Italia si è presa due anni supplementari per passare la banda 700 Mhz al 5G. Ora però manca un pezzo cruciale del puzzle: tempi e modalità in cui avverrà il passaggio. Serve una road map dei canali e una cabina di regia che stabilisca le scelte per ottemperare alla liberazione delle frequenze. Quali aree partiranno prima e quali dopo? Come verranno gestiti i canali? Servono tempi e modi certi per non trovarsi in difficoltà con i tempi di approvvigionamento dei prodotti dalle fabbriche e con le specifiche richieste dalla legislazione italiana.
Qual è il quadro del parco TV italiano in vista dello switch-off?
L’obiettivo è arrivarci con un parco aggiornato “in maniera naturale” tenendo presente che le famiglie italiane (dunque i Tv “principali”) sono circa 23,5 milioni e che la media di vendita annua di Tv è di 4,5 milioni.
Ci sarà un incentivo per aggiornamenti tecnologici da pare dei consumatori?
Gli incentivi velocizzano il processo, di conseguenza lo sviluppo economico. Immagino e spero che ci possiamo aspettare un accantonamento di risorse pari a quello che si verificò ai tempi del primo switch-off.
Stavolta però l’incentivo potrebbe riguardare anche aggiornamenti per la banda larga, non solo per la Tv.
Tutto quello che facilita la connettività è un vantaggio per tutti, PA, industria, consumatori. Sulla velocità di banda siamo agli ultimi posti in Europa, è un tema da gestire. Ma l’altra leva importante è rappresentata dai contenuti: anche i broadcaster devono fare la loro parte. Penso all’Ultra Hd, al mondo Vod che in Italia sta partendo solo adesso.
Come sta andando il mercato italiano di TV?
E’ uno scenario in trasformazione, gli investimenti stanno spostandosi sulla qualità. Sull’onda della spinta 4K l’Ultra HD nel 2017 crescerà del 57%: pesava il 30% sul mercato, oggi vale il 60%.