Italiani con tanta voglia di Spid. Secondo l’ultimo rapporto Censis l’identità digitale del cittadino è al primo posto tra gli interventi ritenuti fondamentali (49,1%). Segue al secondo posto la banda ultralarga e il wifi pubblico (47,3%), al terzo la sanità digitale con i fascicoli sanitari elettronici, le prescrizioni mediche digitali, ecc. (43,3%).
Gli italiani, pur essendo poco inclini a riconoscere il ruolo del governo e delle amministrazioni pubbliche nella promozione e nel sostegno dell’innovazione – si legge nel rapporto – ritengono che queste funzioni debbano essere al centro dell’azione amministrativa nei Paesi avanzati.
Lo studio analizza anche la diffisione di app e startup che stanno rimodellando abitudini e comportamenti quotidiani. La fotografia è scattata dall’ultimo rapporto Censis secondo cui ormai il 40,6% degli internauti italiani controlla i movimenti del conto corrente bancario via internet, praticando personalmente l’home banking (il 3,8% in più rispetto allo scorso anno). Il 36% si dedica senza interposta persona all’e-commerce (+5,3% rispetto all’anno scorso), il 14,9% sbriga online le pratiche burocratiche con gli uffici pubblici (+2,5%), il 14,8% organizza i viaggi sul web (+5,5%) e l’8,3% prenota le visite mediche via internet (+3,2%).
Grazie alle app si stanno diffondendo molteplici pratiche nuove: dal conoscere il tempo di attesa di un mezzo pubblico alla cura personale (usando lo smartphone come una sorta di personal trainer), dal dating online (questo tipo di app è stato usato nell’ultimo anno dal 2% degli utenti di internet italiani, il 3% nel caso dei giovani) alle tante e diverse forme di sharing mobility e crowdfunding.
Agli stradari online e ai navigatori digitali fanno appello soprattutto gli utenti di internet di 30-44 anni (il 61,4%) e i giovanissimi under 30 (il 57,9%). Anche affidarsi ai motori di ricerca per trovare informazioni e dettagli su aziende, prodotti e servizi si conferma una pratica comune alla metà degli utenti del web (il 50,4%).
E la massiccia diffusione delle startup cambia anche la percezione della privacy. Per il 72,7% degli italiani la privacy di chiunque può essere violata dalle autorità se c’è in gioco l’interesse nazionale. Il 63,9% ammette che preferisce essere controllato pur di sentirsi al sicuro. Gli utenti di internet si dicono disposti a subire limitazioni della propria privacy online se questo servisse per contrastare la pedopornografia (lo dichiara il 49,3%), prevenire attentati terroristici (45,4%), combattere la criminalità (42,7%), mettere in sicurezza la rete dagli attacchi degli hacker (34,7%), aiutare le indagini dei magistrati (28,1%) e solo il 27,2% non è disposto in nessun caso.