Gentile direttore,
lavoro per l’Agenzia per l’Italia digitale che dalla sua istituzione è comprensibilmente al centro del dibattito sul futuro dell’innovazione nel nostro Paese. Vorrei qui soltanto segnalare un aspetto della sua storia che credo meriti attenzione.
Premetto che dopo aver lavorato nel settore privato ho vissuto in prima persona buona parte della complessa evoluzione dei quattro enti, dall’AIPA a DigitPA, via via istituiti per sostenere l’innovazione digitale nel nostro Paese. Come è noto, mentre tra ristrutturazioni e cambi di vertice ciascuno di quegli enti ereditava competenze e personale dai precedenti, incredibilmente le loro fondamenta giuridiche, contrattuali e organizzative restavano incompiute.
Questi ed altri problemi sono ora in mano al governo, al comitato di indirizzo e al nostro nuovo direttore generale e tutti si augurano che vengano finalmente risolti. Ma nel dibattito sulla governance e sull’operatività dell’Agenzia non mi pare che sia stato evidenziato un aspetto particolarmente grave.
Non ci sono dubbi che il successo di un’organizzazione, a maggiore ragione se ha la missione di promuovere l’innovazione, dipende dalla sua capacità di utilizzare il proprio capitale umano. Un segno positivo in questo senso, anche se non l’unico, è la possibilità di crescita professionale, cosa abbastanza comune anche nel settore pubblico dove gli strumenti, dagli interpelli ai concorsi, non mancano. Un indicatore di successo in questo senso potrebbe essere il numero di incarichi di responsabilità assegnati all’interno dell’organizzazione piuttosto che a persone reclutate dall’esterno. Ebbene, cosa è successo durante i venti anni di storia di questo ente? Non avendo dei dati precisi riporto delle mie stime.
L’Agenzia conta attualmente circa 90 dipendenti, di cui 6 dirigenti ma, nel complesso, dall’AIPA fino all’AgID ne sono transitati molti di più, forse 250 o 300 che comprendono molte decine di dirigenti. Ebbene, a parte credo una sola eccezione di molti anni fa, su molte decine di dirigenti nessuno è stato reclutato dall’interno dell’ente. Anche considerando un quadro normativo e organizzativo incompiuto, la disponibilità a reclutare dirigenti dall’esterno è stata una evidente costante delle passate gestioni dell’ente.
Ci sono però segnali di un’inversione di tendenza. Una riforma della pubblica amministrazione ispirata al principio che “il cambiamento comincia dalle persone”, il completamento della governance dell’Agenzia e la riorganizzazione in corso potrebbero finalmente aprire delle prospettive di crescita professionale. Sarebbe certo importante che l’Agenzia fosse messa in condizione di indire al più presto i primi concorsi dopo quindici anni e, se necessario, potesse ricorrere all’assegnazione di incarichi dirigenziali temporanei, come previsto dallo statuto.
Come ha scritto recentemente Michele Ainis sul Corriere della Sera, la capacità di utilizzare bene il capitale umano, in cui l’Italia non eccelle, non è più solo un fatto di efficienza ma è diventato un fatto di etica.