Il Dipartimento alla Difesa Usa ha aggiunto alla lista nera delle società cinesi da sottoporre a limitazioni anche la Dji Technologies, il più grande produttore mondiale di droni. L’accusa è sempre la solita: la compagnia sarebbe collegata all’apparato militare di Pechino, proprio come le altre decine di aziende tecnologiche bannate: dal produttore di semiconduttori Smic a Huawei, passando per gli operatori telefonici come China Telecom e China Unicom.
Una black list che continua ad allungarsi
L’aggiornamento annuale della black list è parte integrante del National Defence Authorisation Act (Ndaa), sulla base della quale il Dipartimento al Commercio e altre autorità concretizzano una serie di restrizioni all’operatività delle compagnie bannate negli Usa, compresa la loro capacità di effettuare investimenti in territorio americano.
La Federal Communications Commission (Fcc) ha per esempio annunciato il mese scorso il ban di China Unicom America, Pacific Networks Corp, e della controllata statunitense di quest’ultima, ComNet agendo in funzione di una legge del 2019 tesa a proteggere le reti di comunicazione statunitensi. Secondo l’Fcc, le aziende sono sottoposte allo sfruttamento, influenza e controllo da parte del governo cinese, che potrebbe costringerle a “intercettare comunicazioni”.
Il Pentagono ha d’altra parte segnalato in un suo comunicato di essere “determinato a mettere in luce e contrastare la strategia di fusione militare-civile della Repubblica popolare cinese, che sostiene gli obiettivi di modernizzazione dell’esercito di liberazione popolare garantendogli accesso alle tecnologie avanzate e all’esperienza acquisite e sviluppate dalle compagnie, università e programmi di ricerca apparentemente civili della Repubblica popolare cinese”
Ma gli Usa non vogliono disaccoppiare le due economie
Ciononostante, gli Stati Uniti dichiarano ufficialmente di non essere interessati a slegare la loro economia da quella cinese. L’obiettivo sarebbe invece quello di assicurare un equo terreno di competizione tra le attività economiche sui due versanti del Pacifico. A dirlo è il sottosegretario alla Crescita economica del dipartimento di Stato Usa, Jose Fernandez, in un’intervista concessa al quotidiano Nikkei. “Accoglieremmo una competizione a parità di condizioni, senza sussidi iniqui, violazioni dei diritti umani, e dove ci sia pieno rispetto della proprietà intellettuale”, afferma Fernandez, precisando che gli Stati Uniti “non promuovono un disaccoppiamento delle nostre economie“. Parlando della conferenza ministeriale Ipef che si è tenuta il mese scorso a Los Angeles Fernandez sostiene che i partner economici degli Usa chiedono loro “di essere attivi nella regione, perché se ci ritirassimo a livello commerciale altri si insedierebbero al nostro posto, e detterebbero le regole. Riteniamo che l’ordine economico post-bellico sia stato positivo per l’economia mondiale, inclusa la Cina”.