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Tecnologie al servizio del rifiuto “tracciabile”

Dal sistema made in Italy che monitora mezzi di trasporto e percorsi per rilevare eventuali illeciti alle soluzioni ideate dal Mit di Boston: ecco come il digitale può aiutare lo smaltimento sostenibile

Pubblicato il 05 Mar 2012

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La rilevanza della gestione dei rifiuti è ormai cosa nota. Sono 20 milioni le tonnellate che vengono immesse nel traffico illecito e fatte sparire ogni anno in Italia, e si stima che questo business frutti alla criminalità organizzata oltre 20 miliardi di euro all’anno.

Un primo tema è legato alla tracciabilità dei mezzi. Interessante è per esempio il sistema sviluppato dal Cnr insieme al Politecnico di Bari e al Centro internazionale alti studi universitari (Ciasu), che permette di tracciare i percorsi che il rifiuto, o perlomeno il mezzo che lo trasporta, compie, identificando anche i punti di carico e scarico, particolarmente critici. Il sistema, basato su un transponder Gps di ridotte dimensioni e peso, viene montato sul mezzo destinato al trasporto. Associando ai dati rilevati algoritmi di monitoraggio, si possono individuare scostamenti rispetto allo standard concordato (allungamento tempi, pause non previste, percorsi alternativi non contemplati…). Naturalmente l’efficacia del sistema dipenderà anche dalla possibilità di arricchire i percorsi georeferenziati con informazioni relative alle specificità dei luoghi dal punto di vista dello stoccaggio illegale (aree protette, zone carsiche, stagni, gravine…). Naturalmente, data la notevole mole di dati generati, serviranno sofisticati programmi di data mining capaci non solo di trovare correlazioni, ma anche di segnalare in tempo reale situazioni anomale.

Ma non c’è solo la dimensione dell’illegalità. La gestione dei rifiuti è spesso strutturalmente inefficiente e deve unire sistemi di raccolta, trattamento e stoccaggio con la diffusione di una cultura che riduce alla fonte gli sprechi. McKinsey & Co. ha recentemente pubblicato uno studio dove ha per esempio stimato che una migliore “gestione” del cosiddetto Food Waste può portare a livello mondiale risparmi nell’ordine dei 250 miliardi di dollari (a valore 2010). Parte di questi costi deriva da sistemi di stoccaggio inadeguati, al punto che il 20-30% dei rifiuti alimentari si genera prima che il cibo raggiunga il consumatore finale. Oltretutto i costi energetici per conservare cibo che non arriverà mai sulle tavole sono un’altra forma di waste.

Dal rapporto emerge anche che la carenza di informazione è una delle barriere più significative per una gestione efficiente della catena alimentare e quindi anche dei relativi rifiuti. Anche i sussidi al settore agricolo fanno la loro parte, puntando spesso a una produzione superflua.

Sul tema della tracciabilità c’è stata l’esperienza non felice del Sistri, voluto tanto fortemente dal precedente governo che il suo lancio è stato, a detta di molti, un vero flop. È evidente che il suo funzionamento teorico è un grande ostacolo per la criminalità organizzata, ma è stata sottostimata la complessità gestionale del sistema e la sua esigenza di distribuzione capillare.

Sarebbe stato forse meglio partire con gradualità, iniziando per esempio con i rifiuti pericolosi e con le grandi aziende, più strutturate, per poi diffondere il sistema. Ma il “click day” dell’11 maggio 2011 non ha superato la prova. Tanto che alcune associazioni di categoria hanno iniziato pratiche legali per recuperare i contributi versati per finanziare il Sistri.

La tracciabilità non è aggirabile e dovrà essere inserita nel ciclo dei rifiuti, ma da sola non basta. Possono essere particolarmente utili anche sistemi di rappresentazione che diano il senso immediato di dove vanno alcuni rifiuti (anche per capirne il perché). Interessante è a questo proposito il prototipo TrashTrack sviluppato dal laboratorio Senseable Cities del Mit di Boston.

Il punto di partenza è una semplice domanda: “Perché sappiamo tutto sulla supply chain e quasi nulla sulla ‘removal-chain’?”. Questo sistema, che ha anche vinto l’International Science & Engineering Visualization Challenge organizzato dalla National Science Foundation americana, permetteva di visualizzare in tempo reale il percorso di un centinaio di oggetti gettati come rifiuti e dotati di un tag ”location aware” identificabile da satellite.

I rifiuti scelti erano in buona parte eWaste (cellulari, lampadine, toner di stampanti… ). I risultati, dopo due mesi di tracciatura, sono impressionanti e hanno consentito di mettere in luce una parte dell’invisibile infrastruttura di smaltimento (la “removal-chain”), mostrando quanto lontano possano andare i nostri rifiuti domestici e ribadendo quanto il nudo dato senza sistemi di rappresentazione possa rimanere muto.

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