TELCO PER L'ITALIA 2019

Avenia: “Il 16 luglio presenteremo al governo un Piano straordinario per il digitale”

Il presidente di Confindustria Digitale annuncia un’iniziativa che punta ad accelerare la roadmap dell’infrastrutturazione ultrabroadband e il lancio di servizi innovativi da parte di imprese e PA. “Nella nuova Finanziaria servono interventi ad hoc”

Pubblicato il 12 Giu 2019

avenia

“Stiamo lavorando a un Piano straordinario per il digitale che sottoporremo al governo in vista della Finanziaria il prossimo 16 luglio”: è quanto annuncia a CorCom in occasione di Telco per l’Italia 2019 il neo presidente di Confindustria Digitale Cesare Avenia. “La parola d’ordine è accelerare: non servono nuove iniziative, ma bisogna spingere quelle esistenti facendo leva in particolare su incentivi a digitalizzarsi vincolati al raggiungimento di obiettivi, regia centralizzata della governance del digitale, sviluppo infrastrutture a banda ultralarga che consentano l’erogazione di servizi innovativi da parte delle imprese e soprattutto della Pubblica amministrazione”.

Presidente Avenia, come stanno le cose in Italia?

La situazione è allarmante. Lo scenario macro-economico non promette bene, ma non ci si è ancora resi conto che la crescita al ralenti del Pil e il gap che ci separa dagli altri Paesi in termini di sviluppo e competitività si deve anche e soprattutto alla spinta debole sulla digitalizzazione. Paesi che erano molto più indietro di noi – si pensi a Spagna e Portogallo – stanno facendo decisamente meglio perché hanno imboccato meglio di noi il cammino digitale. È un dato di fatto. Sono i numeri a parlare. Ed è evidente che qualche errore lo abbiamo commesso anche noi del settore.

Quale errore?

Quando è nata Confindustria Digitale nel 2011, avevamo spinto sin da subito l’acceleratore sulle politiche per il digitale. Il Piano Crescita 2.0 era basato su una vision di sistema e ci avevamo visto lungo. Ma evidentemente non siamo stati in grado di far passare questo messaggio adeguatamente. Il punto non era portare acqua al mulino delle imprese del comparto – come è stato da molti erroneamente interpretato. Dovevamo lavorare di più sulla creazione di una consapevolezza sui grandi temi del digitale perché è evidente che la resistenza culturale era allora forte e anche oggi bisogna ancora incidere su questo fronte. Come presidente di Confindustria Digitale sento la grande responsabilità di lavorare in questa direzione.

Da dove bisogna ripartire?

Non bisogna ripartire, ma ribadisco che bisogna accelerare tenendo fermo innanzitutto il timone della governance. È inutile continuare a dibattere sulla necessità o meno di un ministro per il Digitale. Non ha senso, perché il digitale è trasversale e anche se ci fosse un ministero dedicato non si risolverebbero le resistenze in seno agli altri ministeri ed enti locali. La governance deve restare a Palazzo Chigi e va rafforzata, è l’unica strada. Dopodiché è necessario attivare un monitoraggio continuo dell’andamento dei progetti strategici che consenta di verificare cosa si sta facendo, la velocità di implementazione, gli obiettivi raggiunti. Come Confindustria Digitale stiamo valutando la messa a punto di un sistema basato su metriche precise per mappare i risultati.

I progetti riguardo all’infrastrutturazione e ai servizi necessitano di un update?

Sono del parere che non bisogna inventarsi niente di nuovo, ma spingere sui progetti che ci sono e mandarli avanti velocemente. Mi riferisco alla realizzazione delle reti a banda larga nelle aree bianche ma anche a quelle per il 5G. E sul fronte dei servizi pubblici bisogna puntare sulle risorse a disposizione, in particolare sui fondi europei. Quelli della programmazione 2014-2020 non sono stati adeguatamente sfruttati e rischiamo di mandare in fumo oltre 3 miliardi disponibili. È dimostrato che quando le risorse vengono dirottate su progetti specifici, come nel caso dell’Anpr, le amministrazioni sono più efficienti nell’adeguarsi. E anche nel caso delle imprese le risorse disponibili per Industria 4.0, in termini di sgravi fiscali, hanno messo in moto la macchina.

A proposito di Industria 4.0, gli incentivi sono sufficienti?

Il fatto che il governo li avesse diminuiti nella prima versione della Manovra per poi ripensarci non è stato positivo: visto il successo dell’iniziativa sarebbe stato logico e determinante aumentare le misure incentivanti, persino raddoppiarle. E invece alla fine si è dovuto lottare per garantire la prosecuzione del piano senza poterlo adeguatamente sostenere con maggiori incentivi, che sarebbero stati utili a spingere la digitalizzazione in nome della crescita e della competitività.

Veniamo alle telco, il settore più in crisi. Come recuperare secondo lei?

È evidente che la Commissione europea non è andata in direzione del consolidamento come invece necessario. E che non si capisca ancora quanti operatori per Paese siano necessari a garantire la concorrenza. I consumatori sicuramente traggono benefici dalla competizione sui prezzi, ma le attuali regole non sono in grado di sostenere la sostenibilità del mercato. Si sta mettendo a rischio lo sviluppo del 5G che rappresenta l’abilitatore della competitività futura dell’Italia e di tutta l’Europa, sempre più schiacciata fra Usa e Cina e incapace di trovare una propria strada e di riequilibrare l’assetto regolatorio in chiave globale. Eppure l’Europa ha dimostrato di saper fare quando ha voluto, il caso del Gdpr docet. E ora c’è da affrontare il tema chiave della cybersecurity. In ballo non c’è solo la crescita tecnologica ma la questione “etica”: bisogna lavorare molto sul corretto uso delle tecnologie, su una regolamentazione equa che possa garantire un sano sviluppo e tutelare consumatori e soggetti economici. Come Confindustria Digitale puntiamo a essere proattivi anche in questa direzione.

Last but not least il tema delle competenze.

È cruciale. E bisogna occuparsene seriamente partendo dalla formazione scolastica, altrimenti non saremo in grado di garantirci un futuro anche e soprattutto in termini di lavoro e di nuova occupazione.

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