Col senno di poi l’incontro del 12 luglio scorso, riferito da Dagospia, fra Franco Bernabè e Franco Bassanini assume tutt’altro significato alla luce dei fatti, quelli che riguardano l’uscita di scena di Flavio Cattaneo ad appena 16 mesi dal suo ingresso in Telecom in qualità di Ad. L’incontro fra l’ex presidente di Telecom e l’attuale presidente di Open Fiber – al netto della conoscenza di vecchia data e dei buoni rapporti – potrebbe “nascondere” molto più.
La discesa in campo di Open Fiber ha sparigliato le carte di un mercato, quello delle Tlc italiane, in cui Telecom ha fatto il bello e il cattivo tempo, da sempre incarnata nel ruolo di “monopolista” in una botte di ferro. L’idea del governo Renzi di una rete di stato per portare la fibra in quelle aree in cui Telecom si era detta non interessata a investire e il successivo “assist” alla società capitanata da Tommaso Pompei ha rappresentato non solo un cambio di marcia inaspettato e un altrettanto inaspettato revival della competizione, ma ha scatenato una “guerra” che pare insanabile in cui per la prima volta nella sua storia è Telecom a lanciare il j’accuse ad un avversario e al governo stesso, tacciato di aver fatto favoritismi, per dirla con un eufemismo.
Il botta e risposta continuo, ha riguardato anche i vertici delle due aziende, con Bassanini in prima fila. E non si è lesinato nemmeno sugli avvocati, quelli incaricati da Telecom per fare ricorsi a destra e manca con l’obiettivo di annullare i bandi Infratel e contestare persino le linee guida Agcom. Senza contare, ciliegina sulla torta, l’indagine aperta dall’Antitrust per indagare su eventuali irregolarità da parte di Telecom.
Insomma di carne al fuoco ce n’è parecchia e se si vorrà davvero non generare un patatrac bisognerà venirne a capo: Telecom sta virando i riflettori sulle aree bianche in cui Open Fiber si prepara ad avviare i cantieri. Un “colpo” per la società presieduta da Bassanini, che si troverebbe a competere con un “gigante”. Risultato: i conti, quelli del business plan, rischierebbero seriamente di non tornare e per l’Italia rischierebbe di aprirsi l’ennesimo capitolo nero in tema di banda larga. Gli obiettivi annunciati da Renzi e messi nero su bianco nel Piano Bul non solo non sarebbero possibili ma aprirebbero una frattura insanabile nel Paese generando due o più velocità, una situazione a macchia di leopardo come mai prima d’ora e centinaia di imprese non in grado di competere. E, a catena, tutta una serie di nefaste conseguenze.
Franco Bernabè, oggi nel cda di Tim, è l’uomo individuato per mettere pace e trovare una soluzione, magari quella del “famoso” scorporo della rete e, ancor di più, della altrettanto “famosa” newco delle reti da farsi con la “vecchia” Metroweb, alias la “nuova” Open Fiber? L’esperienza di Bernabè in Telecom non è cosa da poco. E ai tempi di Telefonica il manager si era detto disponibile allo scorporo nonostante la posizione contro dell’azionista spagnolo. Il tema dello scorporo, e comunque della rete, è tornato in gran auge: qui potrebbe giocare un ruolo importante proprio Bernabè, “rientrato” peraltro in Telecom dalla finestra con la poltrona in cda grazie all’“appoggio” di Renzi e di Vivendi. Le voci dunque, quelle di un ritorno al vertice in qualità di Ad, potrebbero essere ben più che corridoio.