CONSOLIDAMENTO

Telecom Italia-Orange, deal alle porte o solo speculazioni?

La compagnia francese annuncia “uno scambio di vedute tra i due management”. Il ceo Richard: “Sarebbe un’intesa attraente”. Ma Recchi smentisce: “Mai incontrato i vertici né fatto riflessioni”. Gli analisti avvertono: “L’operazione incontrerebbe ostacoli di natura politica”

Pubblicato il 02 Mar 2015

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Nella telenovela infinita di Telecom Italia, adesso spunta un altro capitolo, quello di un possibile deal con il numero uno della telefonia francese, Orange. La notizia rimbalza sull’asse Parigi-Barcellona, dove da oggi si svolgerà il Mobile World Congress. Sul Journal du dimanche Stephane Richard, ceo dell’ex monopolista francese (di cui lo Stato detiene ancora una quota del 25%) ha specificato che “non ci sono negoziati avviati, ma solo scambi di punti di vista fra i due management”. Allo stesso tempo però, avvicinato a Barcellona dal Wsj ha aggiunto che sarebbe “un deal attraente”. Oggi sempre Richard ha fatto sapere che, comunque, “attualmente non ci sono piani per acquisire” Telecom.

“Non abbiamo mai incontrato il ceo di Orange, né fatto riflessioni interne su Orange”, ha però chiarito il presidente di di Telecom Italia, Giuseppe Recchi, parlando a a margine del Gsma World Mobile Congress.

Insomma, un altro capitolo, ma questa volta crossborder, transnazionale. La mossa sarebbe di certo opportuna per entrambe le società. Per la più piccola e indebitata Telecom Italia (21,5 miliardi di euro di ricavi nel 2014, in calo “organico” del 5,4%), e per Orange (39,5 miliardi di euro di ricavi, scesi del 2,5% dopo il -4,5% del 2013). L’ex monopolista francese del resto qualcosa deve pur fare dopo il matrimonio fra Sfr e Numericable, che punta ad attentare, per l’appunto, il primato di Orange in Francia.

“Esiste una dimensione di mercato e una prerogativa pubblica, noi siamo attenti a esercitare sino in fondo la nostra ma non a travalicarla”, ha sottolineato il sottosegretario Antonello Giacomelli sulle indiscrezioni di un’ipotetica alleanza tra Telecom e la francese Orange. “Se dovessimo commentare tutte le indiscrezioni di stampa nell’ultima settimana – ha aggiunto – avremmo dovuto dire tutto e il contrario di tutto”.

Secondo gli analisti di Icbpi le parole di Richard, che ha detto di guardare con interesse a un’integrazione con TI, “potrebbero riaccendere l’appeal speculativo di Telecom Italia, che presenta una capitalizzazione di mercato nettamente inferiore (circa 45%) e un indebitamento leggermente più elevato (in valore assoluto) rispetto all’ex monopolista francese”.

“Gli ostacoli più importanti potrebbero essere di natura politica, tenuto conto della presenza del Governo francese nell’azionariato di Orange e dell’inserimento della rete fissa telecom tra gli asset di strategici italiani – spiegano gli analisti – Queste dichiarazioni arrivano alla vigilia di un’importante decisione del governo che potrebbe risultare penalizzante per Telecom Italia, dopo il mancato raggiungimento di un accordo con gli azionisti di Metroweb. Lo spegnimento di metà della rete in rame dal 2020 (in bilancio per 15 miliardo euro, di cui 11 di avviamenti) potrebbe, infatti, comportare la progressiva svalutazione del goodwill relativo alla rete, con impatto negativo di circa 1,1 miliardi nei prossimi cinque anni”.

Intanto inizia il conto alla rovescia per il Cdm che domani dovrebbe varare il piano per la banda ultralarga. Piano che ha tenuto banco nel fine settimana. Il governo ha infatti smentito le indiscrezioni di stampa sullo switch off della rete in rame al 2030.

“Le ricostruzioni uscite oggi su alcuni organi di stampa e precisa che i provvedimenti che saranno adottati dal governo si limiteranno ad applicare il Piano banda ultralarga per stimolare gli investimenti di tutti gli operatori – ha precisato il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli – Non sará presentato alcun decreto su Telecom o che imponga arbitrari spegnimenti della rete in rame. Gli obiettivi del piano del governo restano quelli europei: 30 Mbps al 100 per cento della popolazione, 100 Mbps al 50 per cento entro il 2020. Martedì dunque verrà adottato il Piano, apprezzato nella consultazione pubblica da tutti gli operatori e giudicato serio e ambizioso dagli osservatori europei; nelle prossime settimane verranno adottati tutti i provvedimenti attuativi volti a favorire gli investimenti ed aiutare la compiuta realizzazione del piano stesso per il raggiungimento degli obiettivi europei”

Smentite dunque le indiscrezioni di stampa secondo cui il Piano ultrabrodband “Ring” avrebbe fissato, nero su bianco, al 2030 la migrazione totale ad una rete in fibra ottica e il conseguente spegnimento dell’infrastruttura in rame di Telecom Italia attraverso una roadmap a step che già al 2020 avrebbe previsto la realizzazione dei collegamenti in fibra anche per l’ultimo miglio di rete. Secondoquanto riportato dai giornali il piano sulla Rete italiana di nuova generazione, prevederebbe che il governo stabilisca i piani di investimento di ciascun operatore di tlc in modo da coordinarli e renderli più consoni al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale. E ancora si prevederebbe per l’utente finale una uguaglianza di costi tra il servizio che viene offerto adesso da tutti gli operatori anche utilizzando il rame, e quello che verrà offerto con la fibra, stabilendo in pratica il prezzo finale del servizio. E le indiscrezioni di stampa parlano anche di un “servizio universale”, garantito a chiunque ne faccia richiesta, con una connessione a 30 mega al secondo.

La questione dello switch off è dunque fuori dal Piano, e secondo quanto risulta a CorCom all’appello mancheranno anche i decreti relativi alla costituzione del cosiddetto di un Fondo dei fondiDecreto Comunicazioni per il finanziamento dei piani operativi pubblici in banda larga – e quello attuativo allo Sblocca Italia sul credito d’imposta sull’Ires e Irap fino al 50% del costo massimo dell’investimento per gli interventi strutturali sulla rete fissa e mobile e per gli impianti wireless e via satellite (inclusi gli interventi infrastrutturali di backhaul, per l’accesso alla banda ultralarga).

Il documento finale all’esame del Cdm del 4 marzo dovrebbe invece contenere –secondo quanto risulta a CorCom – le linee guida per la realizzazione del catasto delle infrastrutture ossia del database in cui saranno incluse tutte le infrastrutture del suolo e del sottosuolo (tralicci energia elettrica, tubature gas, rete idrica e fognaria) con l’obiettivo da individuare quelle utilizzabili per facilitare la posa dei cavi in fibra da parte delle telco ma anche per abbattere i costi stessi della posa, almeno nell’ordine del 20%. Secondo quanto si apprende, dal prossimo anno tutte le società che realizzano infrastrutture dovranno fare confluire le stesse nel database.

E sempre secondo quanto risulta a CorCom il governo punterebbe sulla defiscalizzazione anche nelle aree nere per spingere la realizzazione delle nuove reti anche nelle aree a forte concentrazione di investimenti in particolare facendo leva sull’upgrade delle connessioni da 30 Mbps a 100 Mbps che per non cadere nelle maglie delle normativa europea sugli aiuti di Stato devono prevedere un “upgrade tecnologico”. E l’upgrade tecnologico nelle aree nere non può che avvenire attraverso la tecnologia fiber-to-the-home visto che nelle grandi città e nei centri urbani di media dimensione di fatto con il fiber to the cabinet già si garantiscono prestazioni elevatissime in termini di connettività alla Rete.

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