“Telecom più cambia, più resta uguale”

Secondo il Financial Times le mosse di Xavier Niel smuoveranno ben poco il profilo di una società con un alto indebitamento e profitti in calo. Gli investimenti in banda ultralarga? “Un atto dovuto in un paese dove il tasso di penetrazione è bassissimo”

Pubblicato il 05 Nov 2015

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In Telecom Italia più le cose cambiano più rimangano le stesse. E’ in sintesi il punto di vista del Financial Times che nella rubrica Lex analizza l’ultima mossa che ha rimescolato l’azionariato della compagnia, da parte dell’imprenditore francese Xavier Niel che ha in mano tramite derivati e opzioni il 15,14% del capitale. Ma in realtà nonostante le apparenze secondo il quotidiano “non sembra che stia per cambiare” il profilo di società dal “business” che si muove lentamente.

“Telecom Italia: plus ça change”, titola FT citando il proverbio francese secondo cui, appunto, “plus ça change, plus c’est la même chose”. Infatti, afferma il quotidiano, per lungo tempo la società telefonica si è “mossa lentamente: il debito rimane alto, l’investimento basso, i profitti calano. Niente di eccitante. Fino a quest’anno quando le cose, improvvisamente, cominciano a succedere”.

“La società investe per acquisire clienti nella banda larga e due grandi investitori francesi sono apparsi nel registro degli azionisti”. Quasi a far pensare a un business in crescita o a un takeover alle porte, indica FT sottolineando che le azioni crescono di due quinti quest’anno. Tuttavia “che l’incumbent abbia deciso di investire è un atto dovuto più che una sorpresa”, scrive il giornale, riferendosi al basso tasso di penetrazione della banda ultralarga in Italia. Senza contare che TI “è fortemente indebitata: il suo debito netto è 4 volte l’utile prima degli interessi e ammortamenti”.

Nel ricordare che un’altra compagnia francese Vivendi è diventata il primo azionista della compagnia arrivando a detenere, lo scorso ottobre, il 20%, FT si chiede “ma cosa vogliono realmente questi visitatori? L’acquisto di un incumbent pesantemente indebitato e che fronteggia una forte concorrenza sembra rischioso”, osserva il quotidiano britannico. Magari “il balzo del prezzo delle azioni riflette la speranza che TI venderà la sua partecipazione di controllo in Tim Brasil per utilizzare i proventi per ridurre il debito. Anche questo sembra fantasia”, prosegue FT.

“Gli italiani difficilmente si decideranno a vendere a prezzi ribassati. Le azioni di Tim Brasil sono crollate del 40 per cento (in

euro) nel corso dell’anno ad oggi. Anche se TI vendesse, l’impatto sul credito di Telecom Italia sarebbe neutrale, secondo Moody. Quindi – è l’invito di Ft – si ignorino le voci. TI è stato un business dormiente nel corso degli ultimi anni. Lo è ancora. E non sembra che stia per cambiare”.

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