IL CASO

Telegram, l’arresto di Durov spariglierà le carte della cybersecurity in Europa?



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L’azienda si difende e dichiara di attenersi alle leggi europee, incluso il Digital Services Act. Ma le accuse sono gravi: la piattaforma “veicolo” di traffico di droga, criminalità organizzata e promozione del terrorismo. E non è l’unica: le cybermafie sono ormai una realtà: dark web e metaverso le nuove frontiere

Pubblicato il 26 ago 2024



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Telegram “si attiene alle leggi dell’Ue, inclusa la Legge sui Servizi Digitali (Digital Services Act), e la sua moderazione è conforme agli standard del settore e in costante miglioramento”.

“Il Ceo di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia frequentemente in Europa – prosegue il post – È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili per l’abuso di quella piattaforma. Quasi un miliardo di utenti in tutto il mondo utilizza Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte di informazioni vitali”.

E’ questa la reazione di Telegram, affidata a un post su X, dopo l’arresto in Francia di Pavel Durov, fondatore della piattaforma di messaggistica russa. La vicenda giudiziaria del fondatore di Telegram, però, oltre che a inserirsi in una scenario geopolitico complicato dalle attuali tensioni internazionali, può rappresentare l’inizio di un percorso che potrebbe riguardare molti servizi di messaggistica e social network.

La cybersecurity e la “nuova criminalità”

Il fatto che i vertici di queste piattaforme possano in qualche modo essere accusati dei reati e delle attività illecite che vengono portate a termine utilizzandole potrebbe infatti aprire nuovi scenari, che si tratti di cybermafie impegnate nel traffico di droga o in altre attività di criminalità organizzata, fino alla promozione del terrorismo.

L’arresto di Durov, in sostanza, potrebbe aprire le porte a un nuovo atteggiamento più “duro” delle autorità giudiziarie per coinvolgere le piattaforme nel controllo degli eventuali illeciti che potrebbero essere commessi utilizzandole. Questo risponderebbe a una serie di allarmi che si sono diffusi negli ultimi mesi sul fatto che le cybermafie possano aver “virato” le proprie attività verso il dark web e il metaverso, come recentemente sottolineato dalla fondazione Magna Grecia.

L’arresto di Pavel Durov

L’arresto del 39enne franco-russo Pavel Durov all’aeroporto di Parigi risale alle 20:00 del 24 agosto. Il Ceo di Telegram era atterrato su un jet privato all’aeroporto di Le Bourget proveniente dall’Azerbaigian. Su di lui pendeva un mandato di perquisizione spiccato dalla polizia giudiziaria.

Le accuse al ceo di Telegram

Secondo l’impianto accusatorio della magistratura francese a motivare il provvedimento ci sono la mancanza di moderazione, di cooperazione con le forze dell’ordine e gli strumenti offerti agli utenti dalla piattaforma di messaggistica, che la renderebbero di fatto complice di chi la utilizza per svolgere attivà illegali che vanno dalle frodi al traffico di droga per passare anche dalla criminalità organizzata e dall’apologia del terrorismo. Durov, la cui detenzione è stata prorogata per 96 ore, comparirà di fronte a un giudicee potrebbe essere rinviato a giudizio per i reati che vengono commessi attraverso Telegram.

La posizione delle autorità russe

Alla notizia dell’arresto di Durov ha reagito la portavoce del ministro degli esteri di Mosca, Maria Zacharova, che ha ricordato come nel 2018 le autorità russe bloccarono Telegram attirandosi le critiche di molti Paesi occidentali, e chiedendosi se oggi questi Paesi chiederanno la liberazione di Durov e “si morderanno la lingua”.  In ogni caso, ha spiegato Zacharova, l’ambasciata russa a Parigi sta lavorando sul caso.

L’editoriale su “Le Monde”

Il caso Durov, si legge su un’editoriale pubblicato dal quotidiano francese Le Monde e che evidenzia le nuove sfide aperte per l’Unione Europea nel campo dei diritti digitali, “scuote il mondo della comunicazione digitale, dove sostenitori dell’approccio di Pavel Durov, come Elon Musk, patron di X, hanno denunciato una violazione della libertà di espressione. Si tratta anche di un importante banco di prova giuridico e politico per l’Unione Europea, che negli ultimi anni è diventata il campione della regolamentazione democratica delle piattaforme digitali. Particolarmente esposti al terrorismo e alle campagne di disinformazione che cercano di destabilizzare le democrazie, i paesi europei sono costretti a rafforzare la loro vigilanza, nel rispetto dello Stato di diritto”.

Chi è Pavel Durov

Pavel Durov, miliardario 39enne di cittadinanza franco-russa, è fondatore e ceo di Telegram. Ha seguito le scuole dell’obbligo e la prima parte della sua gioventù in Italia, a Torino, dove il padre era docente universitario, prima di rientrare in Russia nel 2001. Proprio in Russia nel 2006 ha fondato il social network VKontakte (VK), che rapidamente è diventato il principale social network russo davanti a Facebook. Proprio a causa dei problemi nati con questa operazione Durov ha lasciato la Russia dopo essersi rifiutato di consegnare ai servizi di sicurezza russi i dati personali degli utenti. Nel 2013, prima di stabilirsi a Dubai, Durov ha lanciato Telegram, che ha oggi 900 milioni di utenti puntando sulle libertà individuali, sul rifiuto di ogni censura e alla riservatezza per gli utenti. Stando ai dati pubblicati da Forbes la sua fortuna nel 2024 è stimata in 15,5 miliardi di dollari.

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