A volte – anzi spesso – si tende a dimenticarlo: la parola smart significa “intelligente”. E a essere intelligenti, in teoria, non dovrebbero essere le tecnologie, ma le persone che le adottano. Ecco perché in realtà parlare di smart work ha poco senso se si puntano i riflettori sugli strumenti, anziché sulla cultura aziendale, sull’organizzazione delle attività e sui modelli di comunicazione tra gli elementi che costituiscono un team. È questa la filosofia adottata in Vodafone Italia, che da due anni, prima in via sperimentale e poi come ordinaria amministrazione, ha introdotto un approccio nuovo al lavoro nella divisione Sales, guidata da Augusto Bandera.
A caccia di efficienza ed efficacia, di semplificazione e dei reali bisogni di clienti e collaboratori, Bandera ha permesso ai suoi 400 account manager dislocati su tutto il territorio italiano di lavorare sempre e ovunque, in base alle necessità imposte non dalla logica dell’ufficio, ma dai tempi e dagli spazi che delimitano i rapporti con la customer base. “L’obiettivo era garantire il maggior contatto possibile degli account con i clienti. E l’esperienza ha riscosso un tale successo in termini di soddisfazione su entrambi i fronti che il piano verrà esteso anche ad altre divisioni aziendali”, spiega Bandera al Corriere delle Comunicazioni. Quali non è ancora dato saperlo: di certo c’è soltanto che non si tratterà del call center, che per ovvie ragioni non può essere gestito fuori sede.
A Milano, in un evento dedicato proprio al lavoro “intelligente” in campo anche Sabrina Baggioni, head of Corporate marketing, e Mariagrazia Bizzarri, head of Hr Commercial, oltre a Cristina Tajani, assessore nella giunta comunale di Milano alle politiche per il lavoro, sviluppo economico, università e ricerca. Il workshop Lavoro Agile, Smart Working & Smart Education andato in scena al Vodafone Village è stato uno degli eventi che hanno caratterizzato la Giornata del lavoro agile, dedicata a far incontrare comparto pubblico e privato per discutere di strategie e pratiche per rendere più sostenibile lo svolgimento delle attività professionali nel capoluogo lombardo.
Dal telelavoro alla flessibilità degli orari, passando per la dematerializzazione e l’abbattimento della burocrazia attraverso il digitale, fino all’e-learning nell’ambito della formazione, le best practice enunciate sono state moltissime. “Una recente analisi della School of management del Politecnico di Milano ha stabilito che se in Italia sfruttassimo queste politiche al meglio, la produttività aumenterebbe di 27 miliardi l’anno, con un risparmio di 10 miliardi di euro in costi fissi per le aziende e di 4 miliardi di euro in spostamenti per i lavoratori, con la conseguente diminuzione delle emissioni di anidride carbonica per circa 1,5 tonnellate”, ha dichiarato Tajani. “Nel raggiungimento di questi obiettivi la tecnologia, specialmente nell’ottica di chi governa la pubblica amministrazione, costituisce uno strumento e non un fine a sé. Ma è innegabile che, essendo il nostro tessuto produttivo composto prevalentemente da piccole e medie imprese, alle Pmi servano soluzioni tecnologiche su misura che le aiutino non soltanto in termini di potenziamento del business, ma anche di ritorno sul piano sociale”.
In effetti l’esempio di Vodafone (che sul piano della connettività parte decisamente avvantaggiata rispetto alla classica impresa familiare italiana e che, come ha spiegato Baggioni, gestisce i propri progetti di e-learning attraverso webinar, applicazioni interattive e altri software sviluppati a livello internazionale) potrebbe non essere calzante. “Ma”, assicura Bandera, “i costi da sostenere per permettere alla forza vendita di gestire più efficacemente il proprio tempo sono assolutamente sostenibili. Noi abbiamo dotato i nostri collaboratori di un laptop con mail aziendale e connessione Internet veloce, di una stampante a uso domestico, di uno smartphone e infine di un tablet, per emulare l’esperienza dell’ufficio ovunque e per accelerare le pratiche contrattuali con i clienti. Naturalmente i servizi di connettività per noi non rappresentano un costo, ma per una qualsiasi azienda non peserebbero per più di 400 euro l’anno a collaboratore. La vera sfida, nel nostro caso, riguardava la promozione delle logiche di autonomia e delega, di autogestione del tempo e di un approccio alla comunicazione efficace. Questo è il vero cambiamento. E credo che a volte quella della tecnologia sia più che altro una scusa facile per non affrontare il cambiamento dal punto di vista culturale”.