Una norma che tuteli l’occupazione e al contempo i consumatori. La chiede Asstel in occasione della discussione alla Camera delle nuove regole sul telemarketing (il cosiddetto ddl Ranucci, “Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del Registro delle Opposizioni e istituzione di un prefisso unico nazionale per le chiamate telefoniche a scopo promozionale e di ricerche di mercato”).
“In merito alla nuova disciplina sul telemarketing in discussione alla Camera, pur comprendendo la volontà del Parlamento di giungere velocemente all’approvazione del ddl, auspichiamo fortemente che il legislatore abbia cura di produrre una norma in grado di coniugare la tutela dei consumatori con l’esigenza di mantenere la sostenibilità e l’occupazione nelle attività di customer care, settore ad alta intensità di lavoro – dice la presidente di Asstel, Dina Ravera – Per questo alcuni punti critici oggi presenti nel testo vanno ripensati al fine di ottenere una disciplina capace di operare una distinzione fra uso distorto del telemarketing, che va senza dubbio represso, e attività svolte con professionalità e serietà, che vanno invece sostenute e incentivate”.
La norma prevede la possibilità per tutti di iscriversi al registro delle opposizioni, anche con numeri cellulari e anche in caso di telefoni fissi non iscritti negli elenchi telefonici. Con l’iscrizione, si intendono revocati tutti i consensi al trattamento dei dati personali espressi in precedenza. Viene esplicitamente vietata la cessione di elenchi telefonici a terzi e la violazione dei divieti introdotti prevede sanzioni, fino alla sospensione e alla revoca della licenza per gli operatori. Altri punti fondamentali del testo: è vietato il ricorso ai compositori automatici per la ricerca dei numeri e viene introdotto l’obbligo al ricorso di un prefisso specifico unico, in modo che chi riceve la chiamata, anche se non è iscritto al registro delle opposizioni, possa riconoscere che si tratta di una telefonata commerciale.
“Come Asstel – continua Ravera – riteniamo strategico aiutare il settore dei call center a evolvere verso un assetto di buona imprenditoria, al fine di evitare l’insorgere di fenomeni distorsivi, che hanno ripercussioni negative su aziende e lavoratori. Per questo ci siamo fortemente impegnati a contrastare i tentativi di dumping contrattuale anche per quanto riguarda le attività di customer care in outbound. In tal senso va letta l’importante intesa raggiunta lo scorso 31 luglio con le organizzazioni sindacali di categoria, che ha portato alla definizione di un complesso di regole di garanzia nello svolgimento di tali attività”.
“Sulla scia di questo percorso evolutivo avviato in collaborazione fra le parti sociali – conclude la presidente di Asstel – è fondamentale che il Parlamento affronti la nuova disciplina secondo una visione integrata degli elementi che contribuiscono a definire l’operatività dei call center, in cui la tutela gli utenti possa essere inquadrata come un fattore di incremento del valore aggiunto di queste attività, al fine di favorire virtuose dinamiche di sviluppo”.
Nelle scorse settimane contro il ddl Ranucci erano scesi in campo i sindacati di categoria e Assocontact, l’associazione delle imrese di call center, preoccupati per l’impatto che le nuove regole avranno sull’occupazione: si stimano circa 25mila posti a rischio.
Per Slc, Fistel e Uilcom ci sono alternative efficaci al prefisso unico che vanno nella direazione di tutelare il consumatore ma anche il lavoro in un settore ad alta densità occupazionale femminile e giovanile.
Per prima cosa rafforzare il registro delle opposizioni. “Per essere realmente efficace deve essere maggiormente conosciuto, trasparente nei suoi meccanismi, più facilmente accessibile e gerarchicamente superiore alle eventuali successive autorizzazioni di utilizzo dei dati personali a fini commerciali per un periodo di tempo definito e ragionevolmente lungo, a seguito del quale dovrebbe valere il silenzio-assenso per il rinnovo della propria iscrizione nel registro”, si legge nella nota. Questo meccanismo permetterebbe, una volta andato a regime, di lasciare veramente i cittadini liberi di scegliere se ricevere offerte commerciali o meno e di mettere un freno alla cosiddetta “compravendita delle liste sporche”, ovvero la diffusione e l’utilizzo di liste contenenti numeri di telefono contattati già così tante volte da risultare inutili ai fini commerciali e appartenenti a utenti che, subissati dalle telefonate, le ritengono moleste.
E’ necessario proseguire la lotta contro i contratti pirata, sottoscritti da organizzazioni dindacali non rappresentative e in dumping per condizioni lavorative e salariali rispetto alla media del settore “L’insistenza con cui alcuni operatori di call tartassano i clienti – spiega a CorCom Fabio Gozzo della Uilcom – è spesso legata alle condiazioni contrattuali nell’ambito dei quali si trovano a lavorare. Si tratta di forme che vanno combattute con fermezza da tutti gli attori del settore, attivando controlli continui anche da parte delle istituzioni”.
Anche per Assocontact l’introduzione del prefisso unico non permetterà alle aziende di contattare direttamente i propri clienti o potenziali tali e saranno costrette a investire su altri canali e forme di vendita.
“La tutela del consumatore va perseguita senza mettere in repentaglio un intero settore che conta 40mila operatori, la maggior parte al sud e formato da giovani al di sotto dei 30 anni. Tutto dopo che Assocontact e le associazioni sindacali (Cgil-Cisl-Uil) hanno siglato un accordo prevedendo nuovi strumenti di welfare – spiega Paolo Sarzana, presidente Assocontact – La soluzione al problema del cosiddetto telemarketing selvaggio c’è ed è quella prevista dalla Proposta di regolamento E-Privacy presentata dalla Commissione Europea lo scorso 10 gennaio: il numero identificabile e quindi ricontattabile”.