L'ANALISI

Tempesta “zero cookie” sulla pubblicità online: sotto scacco un settore da 600 milioni di euro

Secondo l’Osservatorio Internet Media della School of Management del Polimi è a rischio la filiera del Programmatic Advertising. Servono contromisure urgenti, ma è ancora scarsa la consapevolezza fra i player. Sistemi di Intelligenza artificiale, Identity resolution e contextual adv i pilastri per uscire dall’impasse

Pubblicato il 10 Mar 2021

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Sistemi di identity resolution, contextual advertising e soluzioni di Intelligenza artificiale. Sono queste le tre strade che si delineano per i player di advertising e marketing per superare l’impasse determinato dall’”addio” ai cookie di terze parti, un vero e proprio strappo per il settore che dal 2022 – in particolare quando Chrome di Google non fornirà più i dati di terze parti – dovrà intraprendere nuove strade. Emerge dal convegno “Internet Advertising: no cookie, no party?” dell’Osservatorio internet media della school of management del Politecnico di Milano, secondo cui i player italiani non sono però ancora sufficientemente preparati.

Lo scenario della Programmatic advertising

In particolare sarà la filiera del Programmatic advertising a dover affrontare “profondi cambiamenti – dice Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – dal momento che proprio i cookie sono alla base del processo di cookie sync necessario per il matching tra le diverse piattaforme al fine di veicolare l’annuncio targettizzato all’utente”.

Negli anni il settore ha aumentato la sua rilevanza all’interno dell’industry pubblicitaria proprio grazie alle sue alte potenzialità di targetizzazione, dice Noci, “raggiungendo nel 2020 il valore di 588 milioni di euro in Italia, in crescita del 6% rispetto al 2019. L’impatto derivante dall’eliminazione dei cookie di terze parti su questa filiera sarà quindi molto significativo se gli operatori non si attrezzeranno per adottare soluzioni alternative”.

Email, Crm e cellulare al centro delle alternative

“Lo scenario che si delinea per l’industry pubblicitaria appare quanto meno sfidante – dice Andrea Lamperti, Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano -. Tuttavia gli operatori del settore si stanno adoperando per adottare e sviluppare delle soluzioni alternative che la Ricerca dell’Osservatorio ha catalogato in tre macro-aree: soluzioni di identità, contextual advertising e altre soluzioni AI-based”.

In particolare saranno i dati di Crm e in particolare l’email a tornare in primo piano: molte piattaforme aziendali e Customer Data Platform – spiega una nota del Poltecnico – ad esempio supportano già da tempo l’integrazione e l’attivazione diretta di indirizzi email all’interno dei social network. Ruolo forte anche per il Mobile Advertising ID, un identificatore fornito direttamente dal sistema operativo del dispositivo mobile che, con logiche simili ai cookie di terze parti, trasmette informazioni sul comportamento in app della persona e del dispositivo utilizzato.

Seconda soluzione il contextual advertising (cioè la pubblicità mirata che veicola l’annuncio pubblicitario in funzione del contenuto della pagina web di destinazione). Oggi l’elaborazione del linguaggio naturale consente una conoscenza più approfondita del contesto e del “sentiment” di ciascuna pagina, mentre il “machine vision” è in grado di analizzare anche immagini, video e audio e di comprenderne il significato.

Il ruolo dell’Intelligenza artificiale

Ci sono inoltre delle soluzioni basate sull’Intelligenza Artificiale che sfruttano parametri diversi dal contesto e comportamento dell’utente, poggiando le loro basi su alcuni elementi specifici come formato, posizionamento dell’annuncio, audience del singolo sito, performance delle campagne passate ed engagement. Le soluzioni a oggi presenti sul mercato fanno ampio utilizzo di algoritmi proprietari, e ciascuna di queste sfrutta dunque parametri e modelli differenti per il “delivery” delle campagne.

Per far fronte a questa profonda mutazione che caratterizzerà il digital advertising nei prossimi anni, stanno inoltre nascendo diversi progetti portati avanti da più attori della filiera, anche competitor tra loro. Tra questi, i più noti sono la Privacy Sandbox proposta da Google e il Project Rearc di IAB.  

Editori colpiti dal blocco dei cookie

Quando si parla di un futuro senza cookie, si fa riferimento al blocco da parte dei browser dei third party cookie (cioè creati da domini differenti da quello in cui si sta navigando tipicamente) per il tracciamento cross-site, il retargeting, la profilazione dell’utente e il matching degli ID degli utenti tra diverse piattaforme. Gli operatori che saranno più impattati dall’eliminazione dei cookie saranno i player di terze parti, in particolare le Data Management Platform (DMP) e le Data Company (oggi infatti il 70% di queste aziende attive in Italia raccoglie i propri dati tramite cookie).

L’eliminazione dei third party cookie interesserà poi anche le aziende investitrici e gli editori, questi ultimi in particolare ne risentiranno soprattutto per la possibile diminuzione delle loro revenue pubblicitarie. Brand e publisher dovranno quindi cercare di valorizzare al meglio i propri dati di prima parte (creati e impostati dai proprietari di un sito web) certamente più di quanto hanno fatto finora, sopperendo così almeno in parte alle perdite dovute all’eliminazione dei cookie e consci del fatto che non potranno più rintracciare gli utenti al di fuori del proprio dominio web.

Ancora scarsa consapevolezza nel settore

La Ricerca dell’Osservatorio ha evidenziato una forte rilevanza della tematica cookieless non solo per gli “addetti ai lavori” pubblicitari, ma anche per tutto l’ecosistema di marketing e comunicazione, in quanto impatterà significativamente il targeting e la misurazione. A inizio 2021, infatti, il livello di interesse rispetto allo scenario cookieless è “rilevante” e “massimo” in riferimento al Targeting per il 71% dei rispondenti, alla Misurazione per il 65% dei rispondenti e al Programmatic per il 51%.

I ragionamenti in atto relativamente alla tematica sono tuttavia ancora limitati. Solo il 22% ha valutato “rilevante” o “massimo” il livello di conoscenza della propria azienda con riferimento al Targeting in merito alla deprecazione dei cookie di terze parti, il 31% dei rispondenti lo ritiene tale per la Misurazione e il 24% in riferimento al Programmatic. È importante quindi sottolineare come la maggior parte degli advertiser non ha ancora preso in considerazione né approfondito il fenomeno.

Considerando il livello di preparazione delle aziende rispetto allo scenario cookieless, il 48% dei rispondenti lo ha valutato “assente/minimo” o “limitato” in riferimento al Targeting, il 50% in riferimento alla Misurazione e al Programmatic. Inoltre, dalle interviste è emerso che le aziende advertiser “più evolute”, ossia quelle che hanno cominciato ad approcciare la tematica con maggiore attenzione, vivono un sentimento di generale preoccupazione e disorientamento, a causa di una deadline non ancora ufficializzata e una mancanza di proposte alternative da parte dei player della filiera.

Il rafforzamento degli Over the top

Rispetto a quest’ultimo punto il 51% dei rispondenti ha affermato che la propria azienda si è effettivamente attivata per trovare una possibile alternativa per affrontare le criticità emergenti dallo scenario cookieless: nello specifico il 9% sta già testando alcune soluzioni alternative, il 7% ha già individuato le soluzioni alternative che utilizzerà e il 35% ha avviato la ricerca.

“Si sta sviluppando nelle aziende un ‘senso di urgenza’ verso la cultura del dato, che passerà necessariamente anche attraverso le attività di valorizzazione del first party data, il maggior riconoscimento degli utenti sulla base di logiche probabilistiche e la consapevolezza che, in futuro, le decisioni si baseranno su meno dati, ma più precisi – dice Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano -. A fronte di tutto questo, si prospetta dall’altro lato un ulteriore rafforzamento del ruolo degli Ott e dei loro walled garden, chiamati così proprio perché sono ambienti chiusi all’interno dei quali i dati possono essere utilizzati in trasparenza per una miriade di servizi offerti dalla stessa piattaforma, oltre che appunto per fini pubblicitari”.

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