Pubblichiamo le opinioni dei deputati e dei senatori che hanno aderito all’intergruppo sull’Innovazione. Un insieme di eletti bipartisan che “fa gruppo” con l’obiettivo di sensibilizzare i Palazzi e indirizzare i provvedimenti esaminati da aule e commissioni per “rimettere il digitale al centro delle decisioni parlamentari”.
Risponde Veronica Tentori, classe 1985, eletta alla Camera dei Deputati nella lista del Pd, è iscritta al gruppo del Partito democratico. Fa parte della tredicesima commissione Agricoltura. E’ tra i promotori e relatori del convegno che si terrà giovedì 11 settembre alle 14 alla Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, “Sharing economy: rivoluzione tecnologica delle comunità di utenti online per la crescita”.
Onorevole Tentori, la sharing economy può creare posti di lavoro e contribuire a modernizzare il sistema Paese. Come può il Parlamento facilitare questo percorso?
L’idea di organizzare questo il convegno di domani sulla sharing economy è nato dall’esigenza di ascoltare e conoscere questo genere di realtà, che stano emergendo con forza. Sono forme di impresa innovative, che hanno un’idea di fondo interessante: si tratta di un modello di sviluppo che ha al centro l’idea di comunità, di persone e utenti che condividono beni e servizi con il supporto delle innovazioni digitali e della rete. Partiamo dalla consapevolezza che conoscere e ascoltare, mettendo da parte i preconcetti le contrapposizioni, ci possa offrire un’opportunità da cogliere. Da una parte per combattere la crisi economica, perché attraverso queste iniziative è possibile creare nuovi posti di lavoro, e dall’altra perché non si deve mai smettere di ragionare sulle possibilità che ci offre l’innovazione. Dobbiamo avere l’entusiasmo di trasformare le difficoltà in stimolo, crescere integrando questi nuovi modelli con l’impresa tradizionale, in un sistema sostenibile dal punto di vista economico ma anche sociale e ambientale.
Spesso le novità nel campo dell’economia digitale affrontano resistenze corporative e di interessi già consolidati. Qual è secondo lei la soluzione?
In questo campo credo sia logico pensare che non possiamo partire dall’idea di tenere tutto così com’è: è giusto porsi e accettare nuove sfide. Un principio che a maggior ragione vale per l’innovazione digitale. La politica ha il dovere di conoscere e approfondire il cambiamento, deve intercettarlo, comprendere i problemi e cercare di fare una sintesi, se necessario intervenendo anche a livello legislativo. Non c’è spazio per le contrapposizione, il messaggio è positivo: vogliamo lanciare una riflessione generale sulle nuove forme di fare impresa.
Come è nata l’idea di aderire all’intergruppo parlamentare sull’innovazione?
Ho aderito subito, perché mi interessa capire come possiamo essere incisivi sull’agenda digitale. Siamo un bel gruppo, il clima è propositivo e costruttivo, e stiamo anche cercando di strutturarci meglio per essere più incisivi. Spero che anche i temi di cui mi sto occupando personalmente, partendo dall’incontro di domani, possano essere utili per allargare il nostro campo d’azione
Secondo la sua esperienza, il Parlamento è abbastanza consapevole della centralità di questo tema per il futuro del Paese?
La platea dei parlamentari è molto rinnovata, e l’interesse verso i temi dell’innovazione è abbastanza diffuso. Ma non credo sia una questione anagrafica: ho trovato una sensibilità alta, e lo strumento dell’intergruppo può aiutare molto, perché consente di condividere in modo trasversale le nostre battaglie.