Il decreto Destinazione Italia (D.l. n° 145 del 2013), in vigore dal 23 dicembre scorso, è stato definitivamente convertito in legge – in extremis viste le sorti del Governo Letta – e a questo punto la sua operatività effettiva sarà condizionata solo dai decreti di attuazione.
Il provvedimento contiene delle importanti misure volte a favorire gli investimenti esteri e migliorare il livello di competitività del sistema Italia attraverso la digitalizzazione e la ricerca, l’aiuto alle Piccole e Medie imprese e anche alle famiglie.
Fra le disposizioni contenute nel decreto, ce n’è una di particolare rilevanza per lo sviluppo del mercato delle comunicazioni elettroniche e del ruolo che gli Isp potranno rivestire nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda Digitale.
Trattasi, in particolare, dell’art. 6, comma 4, intitolato “Misure per favorire la digitalizzazione e la connettività delle piccole e medie imprese, ed in materia di frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, comunicazioni ed editoria”, il quale ridefinisce sostanzialmente i criteri di determinazione dei contributi amministrativi previsti dall’allegato 10 al Codice delle comunicazioni elettroniche. In altre parole, quanto ogni impresa autorizzata deve pagare annualmente per fornire reti o servizi di comunicazione elettronica.
Vengono così introdotte importanti modifiche a sostegno di una vera apertura del mercato delle Tlc, scardinando posizioni anticoncorrenziali in diretto contrasto con le direttive europee. Per la prima volta dopo la stesura del Codice delle comunicazioni elettroniche, si pongono le basi di una concreta liberalizzazione, giocata sulla rimozione delle alte barriere economiche di ingresso al mercato.
Sino ad oggi, infatti, se un piccolo o un nuovo imprenditore avesse voluto investire in questo settore, avrebbe dovuto pagare contributi amministrativi pari a qualsiasi altro operatore già presente sul mercato e di qualsiasi dimensione, a causa di una determinazione arbitraria degli stessi, basata esclusivamente sul potenziale bacino di utenza con chiaro esito discriminatorio a danno di chi non rientra fra i colossi del mercato.
La novità introdotta dal decreto Destinazione Italia, porta, finalmente, un apprezzabile cambiamento a favore dello sviluppo delle Pmi: una soglia di utenti (50.000), reali e non più potenziali, sotto la quale i contributi sono sostanzialmente ridotti e soprattutto scaglionati (ogni 1.000 utenti), sia per la realizzazione di reti pubbliche di comunicazioni, sia per la fornitura del servizio telefonico accessibile al pubblico.
Faceva specie, infatti, sentir parlare di Agenda Digitale e sviluppo di infrastrutture Ngan (Next Generation Access Network) – le reti di nuova generazione – sapendo che questo mercato sarebbe stato destinato sempre ai soli (e pochi) noti, mentre oggi finalmente si sono poste le basi per una cablatura in fibra ottica del nostro non solo riservata non solo ai big delle telecomunicazioni.
Il provvedimento non fa altro che adeguarsi, con più di un decennio di ritardo, alle disposizioni dall’art. 12 della direttiva europea 2002/20/CE, proprio in materia di contributi amministrativi, e soprattutto a riparare alle violazioni del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito. Risponde ad un grido di indignazione lanciato negli ultimi anni, in particolare da Assoprovider e dalla sottoscritta, per rimuovere una volta per tutte le discriminatorie barrire all’entrata al mercato e permettere così ai piccoli e medi imprenditori di portare avanti progetti tecnologicamente all’avanguardia e al contempo di far sì che lo Stato possa guadagnare dal maggior gettito generato dall’ingresso dei nuovi operatori, contrastando così la crisi globale in un settore che, dato il potenziale, dovrebbe costituire un pilastro del tanto agognato rilancio dell’economia del Paese!