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TikTok, la Cina sul piede di guerra: “No a vendita forzata”

Il ceo Shou Zi Chew, ha testimoniato per la prima volta davanti al Congresso Usa e ha annunciato un piano a tutela dei dati dei cittadini americani sotto la diretta supervisione di un team di sicurezza nominato da Washington. Ma le rassicurazioni non hanno convinto: resta sul tavolo la messa al bando totale della app se la proprietà non passerà di mano. Il 41% dei cittadini americani favorevole al ban. Intanto in Francia stop per i dipendenti pubblici

Pubblicato il 24 Mar 2023

tiktok

L’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, ha testimoniato per la prima volta davanti al Congresso degli Stati Uniti, nel tentativo di evitare una messa al bando della piattaforma a livello federale o una vendita forzata, che Pechino intende evitare a tutti i costi.

Al centro del confronto, le preoccupazioni delle autorità Usa in merito ai rischi per la sicurezza nazionale che potrebbero derivare dall’utilizzo del social network, di proprietà della società cinese ByteDance, da parte dei cittadini.

Le accuse bipartisan a TikTok

Durante l’audizione davanti alla commissione Energia e Commercio della Camera dei rappresentanti, durata oltre cinque ore, l’imprenditore di Singapore, ex stagista di Facebook ed ex Goldman Sachs, ha ribadito che la piattaforma non è controllata o manipolata dal governo cinese, il quale detiene una quota in ByteDance, e che la società ha preparato un piano per fare in modo che i dati personali relativi ai cittadini Usa raccolti dall’app vengano conservati negli Stati Uniti, sotto la diretta supervisione di un team di sicurezza nominato da Washington.

Shou Zi Chew ha però ammesso che i dipendenti in Cina della società controllante, ByteDance, potrebbero ancora avere accesso ad alcuni dati statunitensi, aggiungendo poi che non sarà più possibile una volta completato il Project Texas, il piano pensato da TikTok per convincere gli Stati Uniti a non vietare l’uso della app, in caso di mancata vendita della società. I parlamentari e l’intelligence statunitense temono che i dati degli utenti statunitensi possano finire nelle mani del governo cinese attraverso ByteDance, visto che la legge cinese permette al governo di ottenere i dati dalle società di base in Cina per motivi di sicurezza nazionale.

La presidente repubblicana della commissione, Cathy McMorris Rodgers, ha dichiarato in apertura che la piattaforma dovrebbe essere messa al bando. “Siamo al corrente del fatto che farete e direte di tutto per evitare una decisione del genere, ma non attacca: il fatto che abbiate recentemente annunciato il raggiungimento della soglia di 150 milioni di utenti negli Stati Uniti è solo un motivo ulteriore per intervenire tempestivamente su questo fronte”, ha detto, aggiungendo, riferendosi direttamente ai cittadini, che TikTok è “uno strumento che il Partito comunista cinese utilizza per spiare voi e le vostre attività in rete”. I deputati hanno anche contestato le affermazioni dell’amministratore delegato sul possibile accesso del governo cinese ai dati personali raccolti da TikTok, che a suo dire “non ha mai chiesto di ottenere nulla del genere, e noi non abbiamo inviato alcun dato”. La deputata democratica Anna Eshoo ha definito tali dichiarazioni “ridicole”, affermando che l’imprenditore e la società stessa “non hanno fatto o detto nulla che sia sufficiente a convincerci”.

In particolare, è stato il deputato repubblicano Bob Latta a domandare se i dipendenti di ByteDance in Cina possano attualmente accedere ai dati statunitensi, a cui Chew ha risposto: “Una volta portato a termine il Project Texas, la risposta è ‘no’. Oggi, ci sono ancora dei dati che dobbiamo cancellare”.

Il cosiddetto Project Texas prevede che la raccolta e l’accesso ai dati degli utenti statunitensi, insieme alla moderazione e alla revisione dei contenuti, siano gestite dalla società TikTok US Data Security, fondata lo scorso luglio. Il consiglio di amministrazione sarà nominato da TikTok con il controllo del Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti, l’ente federale incaricato della sorveglianza sull’influenza dei governi stranieri nel Paese attraverso gli investimenti, a cui i membri saranno tenuti a fare rapporto direttamente. L’aspetto tecnologico, inoltre, verrebbe gestito dalla divisione Cloud di Oracle.

Chew ha anche ribadito che TikTok, attualmente, non vende i dati degli utenti ai data broker, società specializzate nella raccolta di dati personali e nella vendita o concessione in licenza di tali informazioni a soggetti terzi, a fini commerciali. Interpellato dalla deputata democratica Debbie Dingell, l’AD non ha comunque voluto impegnare la società a non vendere i dati degli utenti in futuro. “Nella nostra industria ci sono attori che lo fanno, e riteniamo quindi necessario un intervento legislativo che aiuti il settore nella sua interezza a gestire questo problema“, ha spiegato, ribadendo però che TikTok non ha fornito al governo cinese dati relativi alla geolocalizzazione degli utenti.

Quando poi gli è stato chiesto della disinformazione sul social, Chew ha ribattuto: “Siamo l’unica piattaforma che non accetta pubblicità elettorali. Non accettiamo soldi. Non penso che altre piattaforme possano dire altrettanto. Noi”, ha continuato, “prendiamo molto sul serio la disinformazione, in particolare quella riguardo un’elezione”.

Nel complesso, l’unica voce risultata fuori dal coro durante un dibattito a senso unico è stata quella del democratico progressista Jamassl Bowman, che ha provato a difendere la piattaforma vittima, a suo avviso, “dell’isteria” anti-cinese”.

Il 41% degli americani è favorevole al ban

D’altra parte, non è solo la politica a vederla così: il 41% dei cittadini statunitensi sarebbe favorevole alla messa al bando del social media, almeno secondo un sondaggio effettuato dal “Washington Post”. L’indagine, che ha coinvolto 1.027 statunitensi adulti, rivela che il 25% dei cittadini sarebbe contrario alla messa al bando della piattaforma cinese, mentre il 36% è incerto. Quasi tre quarti dei partecipanti al sondaggio esprime timori per la proprietà cinese di TikTok, e il 65% ritiene “probabile” che TikTok “raccolga dati di statunitensi per conto del governo cinese”. Il 73% degli intervistati ritiene che la piattaforma contribuisca a diffondere informazioni false, e il 72% attribuisce al social media effetti negativi sulla salute mentale dei giovani.

Tuttavia il governo federale degli Stati Uniti sembra voler perseguire un’altra strada. Washington avrebbe infatti chiesto ai fondatori cinesi di TikTok di vendere le quote azionarie che detengono in ByteDance, per evitare il bando del social network a livello nazionale. Fonti anonime hanno confermato al “Wall Street Journal” che la richiesta sarebbe stata avanzata dal Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti. Si tratterebbe della misura più incisiva avanzata finora dall’amministrazione Biden nei confronti della società.

Il no di Pechino

“Se la notizia è vera, la Cina si opporrà fermamente”. Così una portavoce del ministero del Commercio cinese esprime l’opposizione di Pechino alle richieste che arrivano dall’amministrazione Biden della vendita di TikTok per evitare che la app di proprietà di una società cinese vada incontro ad un bando. Secondo la portavoce Shu Jueting questo “danneggerebbe in modo grave” la fiducia degli investitori globali negli Stati Uniti. Inoltre ha sottolineato che ogni eventuale accordo dovrebbe avere l’approvazione del governo cinese. “La vendita o il disinvestimento di TikTok comporta un’esportazione di tecnologia e le procedure devono essere realizzate in accordo con le leggi e i regolamenti cinesi“.

Anche la Francia vieta la app ai dipendenti pubblici

“Le applicazioni ricreative come TikTok sono ora vietate, con effetto immediato, su tutti i telefoni forniti dallo Stato ai funzionari pubblici”. Lo ha annunciato Jean-Noël Barrot, ministro francese per la Transizione digitale e le telecomunicazioni. “Per garantire la cybersecurity delle nostre amministrazioni e dei nostri dipendenti pubblici, il governo ha deciso di vietare applicazioni ricreative come TikTok dai telefoni di lavoro dei dipendenti statali”, spiega il ministro della Trasformazione e funzione pubblica Stanislas Guerini. “Dopo un’analisi delle questioni in gioco, in particolare della sicurezza, il governo ha deciso di vietare il download e l’installazione di applicazioni ricreative sui telefoni professionali in dotazione ai funzionari pubblici”, aggiunge Guerini. “Le applicazioni ricreative non hanno livelli sufficienti di cybersicurezza e protezione dei dati per essere utilizzate su apparecchiature governative. Queste applicazioni possono quindi rappresentare un rischio per la protezione dei dati di queste amministrazioni e dei loro funzionari pubblici. Questo divieto si applica immediatamente e in modo uniforme. In casi eccezionali possono essere concesse deroghe per esigenze professionali come la comunicazione istituzionale di un’amministrazione”.

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