Apple non considera l’utente “un prodotto” e non monetizza le informazioni di cui è in possesso: questo il contenuto saliente di una lettera aperta ai consumatori scritta dal Ceo Tim Cook e pubblicata sul suo sito, in cui descrive in dettaglio la nuova privacy policy della Mela.
Le dichiarazioni di Cook fanno seguito alla polemica scoppiata qualche settimana fa per la diffusione di foto private di star del cinema, sembra rubate dagli hacker agli account iCloud delle suddette star: un passo falso che l’azienda ha provveduto a correggere annunciando ieri il potenziamento delle misure di autenticazione per accedere a questo ed altri account. Allo stesso tempo le parole del Ceo vanno a colpire giganti dell’Internet economy come Google e Facebook, in particolare il loro business model.
“Molti servizi Internet – scrive Cook – sono gratis ma usano i dati personali degli utenti per fare marketing nei confronti dell’utente stesso. In pratica tu sei il prodotto. Così opera Google: i suoi algoritmi sono in grado di scannerizzare le email degli utenti, le loro ricerche sul web ecc. ecc. per poi mostrare all’utente stesso le pubblicità per lui più rilevanti. Facebook ha un modello di business simile”.
A questo punto il numero uno di Apple mette in evidenza la diversità tra queste esperienze e il comportamento della sua azienda. “Noi riteniamo che una customer experience positiva per il cliente non debba avvenire a spese della sua privacy. Il nostro modello di business – sottolinea – è molto semplice e diretto: vendiamo grandi prodotti. Non costruiamo un profilo basato sui contenuti delle email o del search per venderlo ai rivenditori di spazi pubblicitari. Non monetizziamo le informazioni contenute su iPhone o iCloud. E non leggiamo le email delle persone o i loro messaggi per ottenere dati utili al marketing. I nostri software e servizi sono pensati per produrre dispositivi migliori. Tutto qua”.
Il Ceo concede comunque che “esistono sempre i compromessi. Google e Facebook – afferma – fanno grandi prodotti utilizzabili gratuitamente. Non si paga niente per usare Facebook o Google, ma si concede un po’ di se stessi per rendere più facile la propria vita digitale”.
Oltre al caso delle foto rubate, che ha inevitabilmente portato con sé accuse di scarsa tutela della privacy contro Apple, l’azienda è finita di recente nel mirino del procuratore generale del Connecticut, George Jepsen, dopo aver annunciato per il prossimo anno l’Apple Watch, orologio digitale in grado di monitorare una serie di parametri dell’utente mentre, per esempio, sta facendo esercizi di fitness. L’attorney general ha scritto a Cook chiedendo un incontro con i rappresentanti dell’azienda per discutere come le informazioni personali dell’utente saranno raccolte e salvaguardate nel dispositivo.