Taro Shimada, numero uno di Toshiba, non ritiene un problema l’essere ricordato come l’amministratore delegato che ha venduto Toshiba, ma solo a condizione che tale operazione renda “grande la compagnia”. Lo ha dichiarato lui stesso al Financial Times, proprio nel momento in cui il conglomerato nipponico è teatro di una guerra interna tra il management e gli azionisti attivisti, molti dei quali fondi stranieri. Shimada è arrivato a capo della compagnia – un’azienda con 146 anni di storia – dopo una serie di siluramenti e dimissioni di alti dirigenti della compagnia. Alla base della sua azione c’è un consiglio d’amministrazione profondamente diviso nelle idee relative alle prospettive della compagnia.
Annunciate otto offerte di acquisto non vincolanti
Durante l’intervista, l’amministratore delegato ha detto che vorrebbe essere ricordato come “il ceo che ha fatto rinascere Toshiba“, dimostrandosi così disponibile anche ad andare alla vendita. Solo pochi giorni fa la società aveva annunciato di aver ricevuto otto offerte di acquisto non vincolanti per gli asset in vendita. Il gruppo non ha fornito indicazioni sull’identità degli autori di queste proposte e ha annunciato che valuterà “attentamente” il valore e la fattibilità di ciascuna di queste offerte e selezionerà quelle più interessanti “il più rapidamente possibile”.
La società di private equity statunitense Bain Capital ha già espresso interesse per l’acquisto di Toshiba. Secondo diversi media, sono in lizza anche altri grandi fondi come Kkr, Blackstone o Cvc Capital Partners, oltre al parastatale giapponese Jic. Gli analisti concordano sul fatto che un’eventuale acquisizione di Toshiba sarà probabilmente complessa e dovrà necessariamente coinvolgere investitori giapponesi, visto che le varie attività del gruppo sono molto sensibili per lo Stato nipponico (dal nucleare alla difesa, passando per i semiconduttori e la crittografia quantistica).
Scontro azionisti-management
“Alla fin fine, dalla mia prospettiva, voglio rendere la compagnia grande in ogni modo. E sono aperto a ogni opzione“, ha chiarito Shimada. Intanto, però, nel consiglio d’amministrazione le acque continuato a essere profondamente agitate. Lo scorso anno Toshiba ha rifiutato di prendere in considerazione l’offerta di acquisto da parte di Cvc Partners, provocando il disappunto degli azionisti. Il management ha cercato invece di procedere a una ristrutturazione dividendo in due la compagnia. Ma a marzo gli azionisti hanno votato contro il piano, per cui il management si è trovato costretto a proporre agli azionisti delle alternative, tra le quali anche quella della vendita.
I fondi stranieri sono entrati in Toshiba nel 2017, quando 2017 il conglomerato è riuscito a salvarsi, proprio con questi investimenti, dal crollo finanziario dopo la bancarotta della sua controllata Westinghouse Electric. Oggi la discussione verte sulla proposta d’inserire nell’organo decisionale un consigliere che fa riferimento agli azionisti attivisti Farallon e Elliott, idea che in un primo momento sembrava essere accettata unanimemente, ma che poi ha trovato opposizione, rendendo ancora più balcanizzata la situazione a livello di Cda.