Quindici anni dopo che il Nasdaq Composite ha raggiunto per la prima volta i 5000 punti, l’indice si sta riavvicinano oggi al record del 2000 e come allora gli investori retail si moltiplicano. L’anno scorso i quattro maggiori broker finanziari discount americani hanno totalizzato il più alto volume di scambi di sempre, ovvero una media di 1,4 milioni di scambi giornalieri, secondo la società di investimenti Sandler O’ Neill + Partners.
La corsa al mercato azionario somiglia a quella dei tempi del boom della new economy e delle dotcom ma è alimentata oggi da un nuovo fenomeno che si è affermato negli ultimi anni: i social media. A differenza di quanto poteva accadere quindici anni fa, oggi chi investe può non solo controllare costantemente l’andamento del mercato e condividere le informazioni su siti come Twitter e Facebook ma anche ricevere consigli su dove conviene di più investire. Di conseguenza, molti trader individuali si appoggiano alle piattaforme social per distribuire informazioni e “dritte” a migliaia di follower – e qualcuno comincia anche a monetizzare il proprio seguito e la propria expertise, facendo pagare quote mensili (anche vicine ai 100 dollari) per dare indicazioni agli utenti su come far fruttare al meglio i soldi in Borsa.
I siti social su cui si basa questa attività sono tanti, perché esiste un numero crescente di piattaforme di nicchia che incoraggiano il rapido scambio di informazioni sull’andamento dei titoli. Anche i broker online più accreditati cercano un contatto più diretto e assiduo con i loro clienti tramite i social media, perché post e condivisioni stimolano il trading. Per esempio, TradeKing, online broker fondato nel 2005, rivela al Wall Street Journal che i clienti che regolarmente postano messaggi sul portale sell’azienda effettuano trading quattro volte più di frequente di chi non è attivo sul sito.
“Si tratta di un trend che si svilupperà ancora molto nei prossimi anni”, afferma Nicole Sherrod, managing director of trading di TD Ameritrade Holding. La piattaforma di social trading di TD Ameritrade, inaugurata a febbraio 2014, lo scorso ottobre ha registrato più di 40.000 attività, tra cui condivisioni di grafici e tabelle sui titoli. TD Ameritrade è il più grande broker online negli Usa in termini di attività di scambio di azioni; recentemente ha lanciato una funzionalità che permette agli amici dei clienti di creare facilmente un account di brokerage cliccando sui post che i clienti condividono su Twitter o Facebook.
Stocktwits, invece, è un vero social network focalizzato sugli investimenti; nato sette anni fa, oggi conta più di mezzo milione di utenti registrati che postano 100 messaggi al minuto negli orari in cui la Borsa è aperta, in crescita del 70% rispetto al 2014.
Certo, questo boom di attività alimentata dagli strumenti social non vuol dire che per investitori e trader retail ci sia solo da guadagnare, fanno notare gli esperti. Per la grande maggioranza degli investitori, per esempio, ci sono i costi legati ai frequenti movimenti e la difficoltà di rispondere ai cambiamenti sul mercato in modo tempestivo, che rischiano di annullare i guadagni. Gli esperti dicono anche che gli investitori non dovrebbero considerare il gran numero di follower online di un trader come testimonianza affidabile della sua abilità e dei risultati che permette di raggiungere. “Il punto nell’attività di trading non è quanti ti seguono su Internet, ma quali conoscenze hai che gli altri non hanno”, sottolinea Meir Statman, behavioral finance professor della Santa Clara University. I singoli trader o singoli investitori, per quanto intelligenti ed esperti, non possono eguagliare gestori di fondi che possono spendere milioni di dollari in ricerca, aggiunge Statman. Dalla parte loro, tuttavia, hanno la capacità di essere sempre aggiornati con le ultime notizie dal mercato, grazie al web e alle condivisioni sui social.
Il fenomeno potrebbe dunque allargarsi e le stesse agenzie che regolano i piccoli operatori e consulenti finanziari a livello sia statale che federale, negli Usa, osservano: la loro giurisdizione per ora non si estende ai trader individuali, che non fanno parte di alcun ordine o categoria, ma se la loro attività diventerà parte integrante del sistema finanziario potrebbero arrivare anche norme ad hoc.