Velocizzare la transizione digitale nel quadro degli investimenti del Pnrr. Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni nel presentare i risultati delle previsioni economiche d’inverno della Commissione europea, ha pià volte posto l’accento sull’importanza del Piano nazionale, che è stato strumento per evitare la recessione tecnica e ora leva per accelerare sulle transizioni gemelle, quella verde e quella digitale.
“È nel quadro del Pnrr che si traduce la possibilità di trovare spazio fiscale per gli investimenti”, ha infatti spiegato Gentiloni rispondendo alla domanda se la richiesta italiana – espressa dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti – di scorporare la spesa di cofinanziamento dei progetti sostenuti dai fondi europei dal calcolo del deficit/pil – una specie di “golden rule” per gli investiemtni utili soprattutto a spingere le transizioni gemelle – abbia la possibilità di trovare un consenso o meno.
Il ruolo del Patto di stabilità
Gentiloni ha per aggiunto che “senza dubbio il trattamento degli investimenti” nell’ambito delle regole del patto di stabilità “per evitare che la crisi porti a un declino degli investimenti pubblici è fondamentale nella discussione in corso: la Commissione ha avanzato la sua proposta per incentivare gli investimenti e naturalmente il contributo italiano a questa discussione è molto rilevante e utile”. In ogni caso, “nel quadro della necessità di rafforzare gli investimenti per molti paesi tra cui l’Italia la priorità oggi si chiama Pnrr perché è in quell’ambito che possiamo tradurre la necessità di avere uno spazio di bilancio per gli investimenti”.
Il commissario, dunque, più che dire se esista spazio di manovra sulla richiesta abanzata dal governo italiano, ha focalizzato l’attenzione sul ruolo del Pnrr e sulla sua attuazione come leva per spingere gli investimenti anti-ciclici.
Le modifiche al Pnrr
Oltre a una revisione del Patto di stabilità, il governo ha proposto anche di modificare il Pnrr per fa fronte agli effetti dell’alta inflazione e anche per sfuggire alla stretta dei tempi ravvicinati per la realizzazione degli investimenti previsti. Su questo fronte Gentiloni ha ricordato che “chiediamo ai paesi compresa l’Italia, se possibile, di racchiudere tutte le richieste di modifica dei piani nazionali non solo su REPowerEu ma anche quelle del Pnrr o di cambiamento delle dotazioni economiche che per alcuni paesi è rilevante, in un solo emendamento. Questo non è un obbligo”, ma è un invito.
E le modifiche “devono essere fondate, progetto per progetto, occorre motivare perché le condizioni oggettive sono cambiate e perché richiedono un intervento, non possono esservi modifiche per così dire all’ingrosso, deve trattarsi di modifiche motivate e questo vale non solo per l’Italia”.
Le previsioni per l’Italia
Quanto al fatto che l’anno prossimo l’Italia si troverà di nuovo in coda ai paesi Ue per ritmo di crescita del pil, stando alle attuali previsioni, Gentiloni ha detto che in Italia nel periodo post Covid dal 2021 la ripresa dell’attività è risultata “più forte” e “più positiva” tra le grandi economie europee di quanto previsto grazie al “dinamismo” dell’economia e al fatto che l’attività era caduta molto sotto pandemia. Ci si aspetta che l’attuazione degli investimenti e delle riforme “possa contribuire” tenendo conto che la Commissione fonda le sue previsioni anche sull’impatto dei piani di investimenti e non delle riforme (il cui impatto può essere valutato solo successivamente): di qui l’osservazione che “un ottimo livello di crescita possa proseguire anche nel 2024, che comunque è una sfida rispetto ai numeri che oggi presentiamo”. Il Paese dunque “può smentira le retorica di essere il fanalino di coda Ue”, ha puntualizzato il Commissario.
Le previsioni economiche Ue
A quasi un anno dall’inizio della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, l’economia dell’Ue è entrata nel 2023 in condizioni migliori di quanto previsto in autunno. In base alle previsioni intermedie d’inverno, le prospettive di crescita per quest’anno salgono allo 0,8% nell’Ue e allo 0,9% nella zona euro. Sia per l’Ue che per la zona euro, la recessione tecnica che era stata annunciata per fine anno dovrebbe essere scongiurata. Le previsioni riducono inoltre leggermente le proiezioni per l’inflazione sia per il 2023 che per il 2024.
Le prospettive migliorano grazie ad una maggiore resilienza
Dopo un’espansione sostenuta nel primo semestre del 2022, la crescita ha subito un calo nel terzo trimestre, sebbene leggermente inferiore alle previsioni. Nonostante gli shock negativi eccezionali, l’economia dell’Ue ha evitato la contrazione nel quarto trimestre prospettata nelle previsioni d’autunno. Il tasso di crescita annuo per il 2022 è attualmente stimato al 3,5% sia nell’Ue che nella zona euro.
Gli sviluppi favorevoli rispetto alle previsioni di autunno hanno migliorato le prospettive di crescita per quest’anno. La continua diversificazione delle fonti di approvvigionamento e il forte calo dei consumi hanno lasciato i livelli di stoccaggio del gas al di sopra della media stagionale degli ultimi anni e i prezzi del gas all’ingrosso sono scesi ben al di sotto dei livelli prima della guerra. Inoltre, il mercato del lavoro dell’UE ha continuato a registrare buoni risultati e il tasso di disoccupazione è rimasto al suo minimo storico del 6,1% fino alla fine del 2022. La fiducia sta aumentando e le analisi di gennaio indicano che anche l’attività economica dovrebbe evitare una contrazione nel primo trimestre del 2023.
Rimangono tuttavia forti elementi negativi. I consumatori e le imprese continuano a dover far fronte a costi energetici elevati e l’inflazione di fondo (inflazione complessiva al netto dei prodotti energetici e dei prodotti alimentari non trasformati) ha continuato ad aumentare a gennaio, erodendo ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie. Con il persistere delle pressioni inflazionistiche, la stretta monetaria dovrebbe continuare, gravando sull’attività delle imprese e frenando gli investimenti.
Le previsioni intermedie d’inverno prevedono una crescita dello 0,8% nell’Uee dello 0,9% nella zona euro per il 2023, ovvero rispettivamente 0,5 e 0,6 punti percentuali in più rispetto alle previsioni d’autunno. Il tasso di crescita per il 2024 rimane invariato, rispettivamente all’1,6% e all’1,5% per l’UE e la zona euro. Alla fine del periodo di previsione, il volume della produzione dovrebbe superare di quasi l’1% quello previsto nelle previsioni d’autunno.
La diminuzione dell’inflazione
Tre mesi consecutivi di moderazione dell’inflazione complessiva indicano che il picco è stato superato, come anticipato nelle previsioni d’autunno. Dopo aver raggiunto il massimo storico del 10,6% a ottobre, l’inflazione è diminuita e la stima rapida di gennaio indica che scenderà all’8,5% nella zona euro. Il calo è stato determinato principalmente dall’inflazione dei beni energetici in discesa, mentre l’inflazione di fondo non ha ancora raggiunto il picco.
Le previsioni di inflazione sono state riviste leggermente al ribasso rispetto all’autunno, riflettendo principalmente l’andamento del mercato dell’energia. Nell’UE l’inflazione complessiva dovrebbe scendere dal 9,2% nel 2022 al 6,4% nel 2023 e al 2,8% nel 2024. Nella zona euro dovrebbe scendere dall’8,4% nel 2022, al 5,6% nel 2023 e al 2,5% nel 2024.
Il bilancio dei rischi sulle prospettive è più equilibrato
Sebbene l’incertezza che circonda le previsioni rimanga elevata, i rischi per la crescita sono sostanzialmente bilanciati. La domanda interna potrebbe risultare più elevata del previsto qualora i recenti cali dei prezzi del gas all’ingrosso dovessero ripercuotersi più fortemente sui prezzi al consumo e i consumi si dimostrassero più resilienti. Tuttavia, non si può escludere una potenziale inversione di tale calo dei prezzi, visto il protrarsi delle tensioni geopolitiche. Anche la domanda esterna potrebbe rivelarsi più robusta in seguito alla riapertura della Cina, cosa che potrebbe tuttavia alimentare l’inflazione a livello mondiale.
I rischi per l’inflazione restano in gran parte legati all’andamento dei mercati dell’energia, rispecchiando alcuni dei rischi individuati per la crescita. Soprattutto nel 2024 prevalgono rischi al rialzo per l’inflazione, poiché le pressioni sui prezzi potrebbero rivelarsi più ampie e più radicate del previsto se la crescita dei salari dovesse stabilizzarsi a tassi superiori alla media per un periodo prolungato.