IL RAPPORTO ISTAT

Transizione digitale, le pmi faticano a decollare: forti ritardi su analytics e AI

Per il Digital intensity index solo il 21,3% delle piccole e medie aziende italiane ha un livello alto di digitalizzazione contro il 68,1% delle grandi. Il divario è soprattutto nelle competenze specialistiche e nelle implementazioni complesse. Restiamo sopra la media Ue nell’adozione base del cloud e nella fatturazione elettronica. La banda larga fissa è presente nell’84,8% delle 10+, ma l’ultrabroadband solo nel 13,2%

Pubblicato il 20 Dic 2023

ISTAT transizione digitale

La transizione digitale italiana non riesce ad abbracciare l’intero sistema produttivo del Paese: nel 2023 le piccole e medie imprese sono ancora penalizzate nelle attività specialistiche di digitalizzazione. Lo afferma Istat nella nuova “Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese” (SCARICA QUI IL REPORT).

La transizione digitale, soprattutto nelle Pmi, non decolla per due motivi fondamentali: la mancanza di competenze specialistiche (che pesa, per esempio, nelle capacità di usare i dati o nell’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale) e le difficoltà a passare dalla semplice implementazione tecnologica al cambiamento culturale e organizzativo (che emerge, per esempio, nell’uso di software gestionali e nella maturità del cloud journey).

Digital intensity index, il divario italiano

Il comportamento delle imprese nell’ambito della trasformazione digitale viene valutato dall’Istat rispetto a 12 caratteristiche specifiche che contribuiscono alla definizione dell’indicatore composito denominato
Digital intensity index (DII), utilizzato per identificare le aree nelle quali le imprese italiane ed europee incontrano maggiori difficoltà.

Il DII (riferito alle sole pmi con un livello DII “di base”) è uno dei sub-indicatori della transizione digitale delle imprese previsto nel programma “Bussola digitale 2030” con uno specifico target (90% entro il 2030).

Nel 2023 il 60,7% di imprese con 10-249 addetti si colloca a un livello base di digitalizzazione (adozione di almeno quattro attività digitali su 12), ma appena il 21,3% si colloca a livelli definiti almeno alti. Al contrario, il 91,1% delle imprese con almeno 250 addetti raggiunge un livello almeno base e il 68,1% anche quello almeno alto.

Luci e ombre nella digitalizzazione delle Pmi 

Con riferimento ai 12 indicatori per classe di addetti, i divari maggiori nel 2023 si riscontrano, a scapito delle Pmi (imprese con 10-249 addetti), nelle attività che richiedono maggiore competenza specialistica come per l’analisi di dati (25,7% le pmi e 74,1% le grandi imprese) e in quelle più legate alla complessità organizzativa e dimensionale come per l’utilizzo di software gestionali Erp e Crm (rispettivamente 41,4% e 85,0%; 18,5% e 53,4%). Seguono l’utilizzo più intensivo di social media (almeno due; 28,0% e 55,0%) e quello dei servizi più sofisticati di cloud computing (54,6% e 80,1%).

D’altro canto, nel 2023 il 60,7% delle Pmi adotta almeno 4 attività digitali sulle 12 utilizzate per comporre il Digital Intensity Index, superando la media del 57,7% nell’Ue27.

Tra le imprese con almeno 10 addetti si confermano indicatori di punta rispetto alle imprese Ue il cloud computing (61,4%, 45,2% media Ue27) e la fatturazione elettronica, prevista in Italia da obblighi di legge per un’ampia platea di operatori economici (97,5%, 38,6% Ue27).

Il 47,9% delle pmi (48,7% quelle europee) utilizza almeno un software gestionale, ma solo il 13,6% condivide i dati elettronicamente con i fornitori o i clienti all’interno della catena di approvvigionamento (23,5% la media Ue).

Rispetto al 2022 si mantiene stabile (46,8%) la quota di pmi nelle quali più del 50% degli addetti hanno
accesso a Internet per scopi lavorativi.

La banda larga fissa con velocità almeno pari a 30 Mbit/s è utilizzata dall’84,8% (82,8% nel 2022) delle imprese 10+ contro il 96,9 (96,1% nel 2022) di quelle più grandi. Ancora più distanti le quote per connettività ad almeno 1 Giga, rispettivamente 13,2% e 30,1% (nel 2022 erano rispettivamente 13,2% e 27,1%).

Quali tecnologie digitali usano le imprese italiane

In generale, circa un quarto delle pmi digitalizzate almeno a livello di base è caratterizzato esclusivamente da un utilizzo combinato di Internet da parte degli addetti, il cloud computing e i social media e non adotta software gestionali né, tantomeno, tecnologie di intelligenza artificiale o di analisi dei dati. Il cloud di livello intermedio-sofisticato è, comunque, un’attività scelta anche dalle imprese di minore dimensione. Tuttavia, tra le pmi la situazione più frequente corrisponde all’utilizzo, tra le 12 attività considerate, della sola banda larga a velocità almeno pari a 30 Mbit/s.

Nel caso delle grandi imprese è invece più diffusa una combinazione complessa che conta almeno nove tecnologie, tra cui connessione a Internet, cloud, software gestionali (Erp, Crm), uso dei social media e analisi dei dati effettuata all’interno o all’esterno dell’impresa.

Gli indicatori connessi alle vendite online e via web verso consumatori finali o business to consume (online e B2C) si riscontrano tra le prime combinazioni solo nelle imprese con almeno 250 addetti.

Data analytics solo nelle imprese più avanzate

Il software più implementato dalle imprese con almeno dieci addetti è l’Erp (42,2% delle imprese) seguito dall’utilizzo di Crm (19,2%) e dal software di Business intelligence (Bi, (14,3%). Ma appena il 14,3% dichiara di condividere elettronicamente (ad es. tramite siti web o app, altri sistemi di scambio elettronico di dati , sensori in tempo reale o monitoraggio) i dati con i fornitori o i clienti all’interno della catena di approvvigionamento

Le attività relative alle innovazioni tecnologiche più avanzate (quali intelligenza artificiale e analisi dei dati) fanno parte delle prime cinque combinazioni soltanto tra le imprese che hanno già adottato altre attività di base e che quindi sono connesse soprattutto a gradi di digitalizzazione alti e molto alti. Il 24,9% delle imprese con almeno 10 addetti esegue analisi di dati attraverso addetti propri o di altre imprese del gruppo di appartenenza (28,2% Ue27), e appena il 4,6% si avvale di un’altra impresa o organizzazione esterna (es. Università) per l’analisi dei dati (10,4% Ue27).

Intelligenza artificiale, i primi passi

Nel 2023, il 5% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza almeno una tecnologia Ai (erano il 6,2% nel 2022). Fanno un passo indietro le imprese con 50-99 addetti che si attestano al 5,6% (9,4% nell’anno precedente). Rimane stabile la quota di circa il 24% delle grandi imprese. L’adozione di tecnologie di Ai tra le pmi ricorre quasi sempre tra quelle che hanno già adottato almeno altre cinque attività tra le 12 considerate (per esempio, l’analisi dei dati).

Tra le imprese che utilizzano l’Ai, le tecnologie più comuni riguardano l’automatizzazione di flussi di lavoro attraverso software robot (40,1%, dal 30,5% del 2022), l’estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (39,3%, era al 37,9%) e la conversione della lingua parlata in formati leggibili da dispostivi informatici attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (31,0% stabile rispetto all’anno precedente).

L’analisi dei dati attraverso l’apprendimento automatico (machine learning, deep learning, reti neurali) è la tecnologia maggiormente utilizzata dalle grandi imprese che utilizzano l’Ai (51,9%).

Gli ambiti aziendali in cui vengono più spesso adottati sistemi di intelligenza artificiale sono relativi a processi di produzione, ad esempio per la manutenzione predittiva o il controllo qualità della produzione (39,0%, fino al 52,5% nel settore manifatturiero), alla funzione di marketing o vendite, ad esempio per funzioni di assistenza ai clienti o campagne promozionali personalizzate (33,1%, al 41,3% nel settore dei servizi), alla sicurezza informatica (23,7%, al 50,6% nel settore dell’energia) e alle attività di ricerca e sviluppo (R&S) o innovazione per analizzare dati, sviluppare un prodotto/servizio nuovo o significativamente migliorato (21,1%).

Alcune imprese hanno preso in considerazione l’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale ma non le hanno ancora utilizzate. Si tratta di una quota di appena il 4,4% (15,3% tra le grandi). Queste riportano come ostacoli principali all’adozione la mancanza di competenze (55,1%), i costi troppo alti (49,6%) e l’indisponibilità o la scarsa qualità dei dati necessari per l’utilizzo delle tecnologie di Ai (45,5%), mentre l’inutilità dell’applicazione delle tecnologie di Ai è indicata dal 14,3%.

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