La trasparenza continua a essere una chimera in alcune PA. A più di tre anni dal primo decreto che imponeva la pubblicazione online delle informazioni pubbliche e a due mesi dalla riforma che ha liberalizzato l’accesso ai dati, c’è ancora uno zoccolo duro di enti pubblici – più o meno intorno al 10% – che non si adegua.
La tendenza – riportata dal Sole 24 Ore – emerge dalla Relazione dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Se un’ampia maggioranza (l’82% delle amministrazioni richiamate) si mette in regola subito e un altro 8,6% alla seconda chiamata, esiste però un altro 7% che si adegua solo parzialmente e persino un irriducibile 2,3% che fa finta di nulla. In alcuni casi, poi, neanche la minaccia di una multa è bastata a convincere alcune PA a mostrare informazioni chiave quali quelle sui costi della politica o sui compensi elargiti agli amministratori delle società partecipate.
In genere la PA fatica a tenere il passo. Tanto che – si legge nella Relazione – “permane a oggi una piccola parte di amministrazioni (il 16,5%) che non si è nemmeno dotata, all’interno del proprio sito, della sezione Amministrazione trasparente”.
Ma c’è anche tanta resistenza ai controlli. Oltre 180 gli enti pronti ad adeguarsi subito, più di venti quelli convinti con la “sanzione reputazionale” (la pubblicazione sul sito dell’ordine di adeguamento). Uno su dieci – sono soprattutto enti pubblici regionali e Asl – evidenzia “una maggiore resistenza ad adeguarsi ai provvedimenti di ordine”.
Tra chi si è messo in regola solo parzialmente nel 2015 c’è, per esempio, l’Inps, segnalato dall’Anac sul proprio sito per mancanza di info sulla situazione patrimoniale di due consiglieri e dei cv dei dirigenti. Curriculum assenti anche alla Asl Napoli 2 Nord che, sempre nel 2015, risulta adeguata solo in parte.
Ma secondo Cantone, i risultati sono, nel complesso, positivi: “La strategia dell’accompagnamento delle amministrazioni verso la piena trasparenza – ha commentato il presidente – sta fornendo buoni risultati” .
Il vero buco nero restano i dati su patrimoni dei politici e stipendi nelle società pubbliche: su 110 enti controllati, la metà è stata sanzionata (si veda la grafica). Questo perché la mancata pubblicazione dipendeva proprio dal politico o dall’amministratore. Tra i più “refrattari” le Camere di commercio e le Autorità portuali.
Sono gli unici due casi in cui scattano sanzioni più gravi: la pubblicazione sul sito Anac dei nomi di chi non rispetta la legge e una multa che va da 500 a 10mila euro. Ma l’effetto deterrente è ridotto: l’attuale elenco Anac comprende solo tre nomi. Le multe pagate sono 17 per un totale di 17mila euro. In media mille euro a persona.
Intanto l’Anac ha rivisto il Piano nazionale anticorruzione per adeguarlo alle novità del Foia. Il nuovo Piano è composto da una parte comune di circa 30 pagine e da due parti speciali. La prima rivolta alle PA locali e la seconda per le aree a rischio (beni culturali e sanità).