«Il mercato dell’IT? È finito». Non è una battuta. Lo afferma seriamente Marco Tripi, amministratore delegato di Almaviva: “Per numero di dipendenti nel mondo la maggiore società italiana di servizi Ict – ci tiene a sottolinearlo – la quindicesima in assoluto (banche escluse) e la terza a guida imprenditoriale e non manageriale. Abbiamo 14mila persone in Italia e 19mila in Brasile”.
Scusi, dott. Tripi, lei vanta i numeri della sua azienda, ma poi dice che è finito il settore in cui essa opera. Non le pare contradditorio?
Per niente. Ad essere finiti non siamo noi, che anzi ci siamo dati una strategia di crescita tecnologica, di mercato, di servizi che già sta dando frutti importanti. Ad essere finito è l’IT tradizionale. Chi non sa cambiare, è destinato a soccombere. La selezione, già cominciata, sarà darwiniana.
In effetti, negli ultimi 5 anni i volumi del settore sono scesi del 20%.
La crisi ha accentuato trend già in atto. Per troppi anni tutti hanno fatto tutto. I risultati? Poca specializzazione e guerra di tariffe. Fra poveri, però. Ci si è pianti addosso, a volte in maniera strumentale, ma non si è mai pensato a fare sistema o a battersi con le armi dell’innovazione tecnologica: si è pensato solo al brevissimo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quanto alle multinazionali, ormai ci considerano un Paese residuale, dove ha poco senso investire.
Piange anche lei?
Niente affatto. Penso che società come la nostra, che credono e investono nell’innovazione, saranno in grado di sparigliare velocemente i giochi in un mercato in rapidissima evoluzione. IT, servizi tlc e telco sono mercati che si stanno sovrapponendo. Vincerà chi saprà unire queste tre competenze.
Siete una società IT che si è allargata ai servizi tlc.
Non escludo di diventare anche una società di tlc. Dopotutto, la stessa Telecom Italia non è già tutto questo? È sulla convergenza di mondi confinanti che si poggia il nostro piano industriale in Italia. Punta alla crescita, finanziata nell’agosto 2012 con un aumento di capitale di circa 48 milioni di euro – grazie ai ricavi della cessione delle partecipazioni della nostra famiglia nelle società di gaming e agli apporti del socio GE Capital – e con il sostegno del mondo bancario che ci ha accordato 90 milioni di euro.
Avete un radicamento molto forte in Brasile, ma anche presenze in Tunisia, in Turchia e un piede persino in Cina.
Oggi bisogna uscire dai “confini Paese” e ragionare in una logica internazionale. In Brasile chiuderemo l’anno con 20.000 persone, quasi 200 milioni di fatturato e una crescita del 48% e tendenziale del 84%. Avere spalle grosse in Brasile ci consente, ad esempio, di investire in prodotti e innovazione tecnologica in Italia spalmandone i risultati su un mercato più ampio.
Sta pensando alle tecnologie semantiche del CRM 3.0?
È la nostra risposta alla competizione di tariffe di cui parlavo prima e che farà soccombere chi non riesce a fare il salto: guerre di prezzo con Mol che a fatica toccano il 10% nei casi migliori porta al baratro. È una grande innovazione tecnologica di cui siamo fieri e che ci consente di sfruttare le sinergie Italia-Brasile.
La trasformazione vi è costata una lunga vertenza con i sindacati.
I lavoratori hanno capito il senso del nostro percorso e delle sfide che abbiamo davanti. Lo mostra l’accordo siglato coi sindacati che presenta caratteristiche molto innovative. Abbiamo salvaguardato il più possibile l’occupazione: per noi è leva molto importante.
Se il Crm 3.0 si legge subito come un’evoluzione della “vecchia” Almaviva, un po’ meno avviene col cloud.
Forse la sorprendo: siamo la società che ha fatto più realizzazioni concrete di cloud in Italia. Rispondendo a tutte le regole italiane, dalla sicurezza alla privacy. Le cito alcuni esempi: trasmigrazione sulla nuvola delle Ferrovie – e, le assicuro, non è stata una passeggiata – ministero dell’Istruzione, la gara Sanità vinta da poco. Nostro punto di forza è esserci specializzati nel passaggio dei processi dal mondo tradizionale al cloud, in real time e in realtà complesse come, ad esempio, Ferrovie. Sappiamo unire la componente dell’evoluzione tecnologica a una grande conoscenza operativa dei contesti. Come abbiamo fatto anche nel settore dei contact center con la nostra controllata Almawawe.
Grandi acquisizioni non ne avete fatte, sinora.
Non le escludo per il futuro, pur stando attentissimi alla leva finanziaria. Magari in mercati limitrofi o in nicchie ad altissimo valore come è stato il caso di PerVoice. Escludo però di comprare, o magari farmi pagare per comprare, società tradizionali che fanno cose tradizionali, magari con l’idea che con drastici tagli del personale si sistema tutto. Non lo faremo: perché non è etico e perché non porta da nessuna parte.