Le carceri sovraffollate sono dimenticate col trascorrere
dell’estate. Il problema resta. Nel 2001 la Telecom spuntò 110
milioni per 400 braccialetti elettronici, fino al 2011. Ne
funzionano una decina: oltre un milione di euro a braccialetto per
anno. La Gran Bretagna usa la sorveglianza elettronica su 50mila
adulti condannati o imputati, spendendo un quinto rispetto alla
detenzione tradizionale. Il sistema è utilizzato anche per
minorenni, tifosi e automobilisti a rischio. Là pieno successo,
qui costoso flop. Perché? Noi abbiamo imitato il sistema solo in
parte. In Gran Bretagna la sorveglianza elettronica è a gestione
privata. I contractors, vinto l’appalto, garantiscono il
servizio.
La Telecom fornì al ministero di Giustizia i dispositivi sulla
base di requisiti operativi descritti da qualcuno che presumeva di
conoscere le tecnologie. Ottenuti gli apparati, rimase la nebbia
delle procedure. Chi crede di rimediare con corsi di formazione
reca ulteriori gravami ai costi complessivi, senza garanzia che la
disponibilità e la qualità del personale siano compatibili con
requisiti obiettivi del sistema. Flop arciscontato.
Se gli apparati statali fossero vocati alle hi-tech non saremmo
dove siamo. I rari casi d’alta specializzazione non sono
peculiari al personale di custodia delle carceri, tanto meno a
tutte le ramificazioni delle 27 polizie italiane. Chi tarantola
all’idea che una polizia privata metta un braccialetto allo
stato, ricordi che 60mila agenti privati sono da tempo nella nostra
(in)sicurezza e già operano nelle situazioni più calde. Con 27
polizie pubbliche, c’è posto per una privata, specializzata ed
efficace laddove lo stato fallì.