LE MISURE

Trump passa ai fatti: proposta di legge per rimuovere lo “scudo” ai social

Il Dipartimento di Giustizia punta a una normativa per porre un freno alle protezioni di cui hanno goduto Twitter & co per decenni. E il repubblicano Hawley vorrebbe inserire la “censura” fra le azioni passibili di cause legali da parte degli utenti

Pubblicato il 18 Giu 2020

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Il governo americano passa dalle parole ai fatti rispetto alla minaccia di Donald Trump di modificare la legislazione in materia di responsabilità per la pubblicazione dei contenuti, uno scudo legale che per anni ha messo al sicuro le piattaforme social di Google e Facebook. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha infatti proposto ieri che il Congresso adotti una nuova normativa per porre un freno alle protezioni di cui hanno goduto le Internet company per decenni. L’obiettivo della proposta, che è in fase di definizione, è quello di “spingere le aziende tecnologiche ad affrontare i contenuti criminali sulle loro piattaforme come lo sfruttamento dei minori, il terrorismo o lo stalking informatico e aumentare la trasparenza per gli utenti”, ha rivelato un funzionario del Dipartimento di Giustizia, parlando con Reuters a patto che gli fosse riconosciuto l’anonimato.

Il Dipartimento di Giustizia vuole una definizione legale di buona fede basata sul fatto che le società dichiarino pubblicamente le loro politiche sui contenuti “con termini di servizio chiari e particolareggiati” e agiscano “coerentemente con le manifestazioni pubbliche”. Altre eccezioni all’attuale regime di responsabilità proposto dal dipartimento includono l’obbligo per le piattaforme Internet di agire in base agli ordini dei tribunali federali e alle azioni di esecuzione civile promosse dal governo federale. Inoltre, c’è la volontà di escludere qualsiasi pretesa antitrust dalla protezione della responsabilità. Affinché l’iniziativa intraprenda l’iter per diventare legge, i legislatori statunitensi dovrebbero presentare una proposta di legge di approvazione. “Queste riforme sono rivolte alle piattaforme per assicurarsi che stiano affrontando in modo adeguato i contenuti illegali e di sfruttamento, pur continuando a preservare una rete vibrante, aperta e competitiva”, ha affermato il procuratore generale William Barr in una nota.

La soddisfazione della Casa Bianca

La Casa Bianca, da parte sua, ha accolto con favore la notizia della proposta del Dipartimento di giustizia. “Il presidente ha espressamente invitato il dipartimento a sviluppare tale modello di legislazione nell’ordine esecutivo firmato di recente, e sì, il presidente Trump è lieto di vedere che il dipartimento ha dato seguito alla richiesta”, ha detto il portavoce della Casa Bianca Judd Deere. Dopo che a fine maggio Twitter aveva segnalato uno dei suoi post come fake news, Trump ha minacciato che avrebbe ideato un dispositivo per abrogare o almeno indebolire la legge che protegge le Internet company. Nello specifico, il presidente ha dichiarato di puntare a “rimuovere o modificare” la Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, che generalmente esonera le piattaforme dalla responsabilità per ciò che i loro utenti pubblicano e consente loro di moderare il contenuto dei loro siti come desiderano.

La (timida) risposta delle Internet company

Se Google e Twitter per il momento non hanno commentato la notizia, parlando coi giornalisti, Nick Clegg, VP, Global Affairs and Communications di Facebook, ha invece dichiarato che la Sezione 230 consente già alle aziende di rimuovere gli hate speech e che cambiamenti del genere implicherebbero “alla fine, meno conversazioni di varia natura online”.

Carl Szabo, consigliere generale di NetChoice, un’associazione di categoria che annovera tra i suoi membri Google e Facebook, ha affermato che la proposta creerebbe così tanti ostacoli alla rimozione dei contenuti che la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti non li prenderebbe in considerazione.

Un’altra proposta di legge contro Twitter & co

Sempre nella giornata di mercoledì, il senatore Josh Hawley si è unito ad altri tre repubblicani per presentare un disegno di legge che consentirebbe alle persone di fare causa alle aziende tecnologiche se ritengono che i propri contenuti siano stati censurati. Se approvata, la sua legge consentirebbe agli americani di citare in giudizio le società Internet per aver violato un obbligo contrattuale di buona fede e richiedere un risarcimento di 5 mila dollari o dei danni effettivi, a seconda di quale sia il valore più elevato. Il dovere in buona fede impedirebbe alle aziende di discriminare nell’applicazione dei loro termini di servizio o di “non rispettare le promesse”.

In una lettera al Ceo di Google Sundar Pichai, Hawley ha fatto riferimento a una disputa con il sito Web conservatore The Federalist, affermando che la minaccia di Google di demonetizzare il sito a causa dei commenti fatti sulle proteste di Black Lives Matter era “profondamente immotivata”. Hawley ha dichiarato che Google ha cercato di ritenere The Federalist responsabile dei commenti dei suoi lettori, mentre YouTube (che fa capo a Google) non è responsabile per i commenti proprio a causa della Sezione 230. “In breve, Google richiede il minimo controllo per sé, ma il massimo potere su coloro che utilizzano la sua piattaforma”, ha scritto Hawley.

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