L’Italia rischia di vivere un anno di emozioni pericolose con l’Internet of Things: mercato al boom, ma senza regole né indicazioni dal’alto. E’ l’allarme che lanciano gli esperti, tra cui anche Angela Tumino, esperta del tema presso gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, che appunto parla di anno di svolta per questo mercato, in un recente rapporto.
Dite che questo è l’anno della svolta. Ma che cosa dovrebbero fare la politica e i regolatori per accompagnare questa svolta?
La risposta cambia a seconda del’ambito M2M. Nelle smart cities è stato un anno di svolta perché per la prima volta in Italia gli attori hanno cercato di raggiungere sinergie, per esempio nello smart metering gas. C’è ancora lavoro da fare per evitare sprechi e ineffcienze. La pubblica amministrazione centrale deve individuare linee guida (l’Agenzia per l’Italia Digitale ci lavora, anche se con ritardi, Ndr.), perché non sia demandata al singolo comune la scelta su cosa investire. In certi casi, l’ente può essere tentato di accettare la proposta di un vendor che però non ha senso sviluppare in quel territorio. E le linee guida devono partire da risultati tangibili di esperienze che già ci sono e che abbiamo provato a indicare nel rapporto. Alcuni servizi, per esempio l’illuinazione smart, portano benefici non solo ai cittadini ma anche alle casse pubbliche. Dà risparmi che poi possono essere reinvestiti in altri progetti di innovazione. Ma se questi benefici non sono stimati correttamente, è difficile pianificare lo sviluppo delle smart cities.
In quali altri ambiti è necessario un intervento per guidare la svolta?
Nella smart home la svolta è l’ingresso di nuovi attori “over the top”, come Google e Amazon; ma anche le assicurazioni, all’estero e all’Italia, hanno presentato prodotti e servizi che si basano su informazioni raccolte dai sensori. Offrono uno sconto sulla polizza- come già avviene da tempo con l’automobile- o servizi di avviso per guasti e la necessità di fare manutenzione del prodotto. In questo caso è necessario garantire che ci sia una interoperabilità degli oggetti intelligenti per consentire agli utenti di usare prodotti di fornitori diversi. Un esempio: se ho un sensore di sicurezza che monitora se la finestra è chiusa o aperta e un altro sensore che tiene d’occhio il riscaldamento, è bene che i due si possano parlare.
Ai regolatori quindi che cosa bisognerebbe chiedere?
E’ difficile prevedere uno standard a cui adeguarsi. Per ora stanno partendo iniziative di consorzi di aziende che stanno definendo le regole del gioco. Attori importanti, come gli over the top, stanno invece lavorando a definire le proprie regole a cui gli altri devono adeguarsi. Il ruolo del regolatore è nel comprendere quali sono le tecnologie che servono per realizzare queste applicazioni ed eliminare i vincoli al loro utilizzo. Per esempio abilitando l’uso di nuove frequenze. Anche qui un esempio molto M2M funziona sui 169 MHz, il cui utilizzo in Italia è limitato a poche applcazioni, come lo smart metering. Si potrebbe pensare di estendere questa banda anche ad altri utilizzi. E fare chiarezza sul concetto di smart metering: ci sono solo i contatori o- come si comincia a pensare– anche l’illuminazine intelligente? Il mercato insomma ha bisogno di un quadro chiaro, in Italia, su molti aspetti sia generali sia di dettaglio.