L’Italia è sotto attacco della contraffazione internazionale in settori come l’agroalimentare, il design e la moda, e si colloca al quarantesimo posto della classifica stilata dalla Property Rights alliance, l’International Property Rights Index 2014. Il Paese si posiziona in questo campo a pari merito con Giordania e Costa Rica con il punteggio di 6.0, inferiore di 0.1 rispetto al punteggio dell’anno scorso.
Lo studio, presentato nel pomeriggio a Washington, misura come viene tutelata la proprietà in 97 paesi rappresentanti più del 98 per cento del prodotto interno lordo mondiale e il 93 per cento della popolazione. La nuova edizione 2014 riporta anche uno studio sul caso specifico italiano elaborato dai rappresentanti dei due think tank locali partner della Property Rights Alliance: Cesare Galli, senior fellow dell’Istituto Bruno Leoni e Pietro Paganini (nella foto), presidente di Competere.Eu e docente di Business administration alla John Cabot University.
“L’indice – dichiara Paganini – è uno strumento importante per governi e policy maker perché dimostra la relazione che esiste tra tutela della proprietà, innovazione e crescita economica. I Paesi che crescono di più sono, infatti, primi in innovazione e guidano la classifica dell’Ipri. Se vogliamo tornare a crescere dobbiamo intervenire in maniera più determinata per favorire e tutelare brevetti e marchi della nostra industria.”
“Il peggior punteggio ottenuto quest’anno – Aggiunge Roberto Race, segretario generale di Competere.Eu – smorza l’entusiasmo di qualche mese fa per la rimozione del nostro Paese dalla watchlist della United State Trade Rapresentative che misura l’efficacia e l’adeguatezza della tutela della proprietà intellettuale dei partner commerciali degli Stati Uniti. Non deve dunque ingannare il fatto che l’Italia abbia visto avanzare di 7 unità la propria posizione rispetto all’Indice del 2013. Ciò è infatti dovuto alla scomparsa dalla classifica di alcuni Paesi i cui dati non erano accurati o completi. E’ chiaro che l’Italia deve fare di più per creare un ambiente normativo favorevole alla crescita ed all’attrazione degli investimenti esteri”.
L’Italia resta a due punti di distanza, venti posizioni di distanza rispetto agli altri Paesi del G7 e ancor più staccata dai Paesi che guidano classifica quali Finlandia, prima con 8.5 e la Svezia, seconda con 8.3, entrambe in lieve calo rispetto al 2013, con un -0.1.
L’indice si compone di tre indicatori: il primo riguarda l’ambiente politico e giuridico dei 131 paesi (stabilità politica, corruzione, indipendenza della magistratura, stato di diritto) e vede l’Italia al cinquantunesimo posto con 5.6. Il secondo indicatore misura lo stato della regolamentazione dei diritti di proprietà fisica e vede l’Italia al sessantaquattresimo posto con un punteggio di 6.1. Infine, il terzo indicatore sulla proprietà intellettuale vede l’Italia al trentunesimo posto con 6.6 mentre Stati Uniti e Gran Bretagna sono secondi a pari merito con 8.3, la Germania è decima con 8.1, la Francia è quindicesima con 7.9.