Editori televisivi digitali, fine di un’epoca. Dal 4 luglio, da quando cioè si è ufficialmente chiusa l’era dell’analogico, per i “fornitori di servizi media audiovisivi” la strada è diventata improvvisamente sgombra. O forse solamente vuota. Con un’apposita delibera (350/12/cons approvato il 2 di agosto), Agcom ha messo infatti la parola fine a tutti gli obblighi che venivano richiesti agli editori tv fino a prima dell’estate.
Liberalizzazione totale o un bizzarro vuoto normativo? Di fatto l’insieme di regole, decadute con la fine del regime analogico, non sono state sostituite. Quindi se per essere autorizzati a fornire contenuti (per trasmissioni nazionali) prima servivano almeno 20 dipendenti a libro paga e un capitale sociale interamente versato non inferiore a 6 milioni e 200mila euro (4 dipendenti e 155mila euro per trasmissioni locali), ora tutto questo non c’è più. “Si ritiene che – scrive Agcom -, in un’ottica di proporzionalità e neutralità tecnologica, i requisiti di capitale sociale e numero dei dipendenti occupati previsti per il rilascio dell’autorizzazione in ambito nazionale e locale, requisiti mutuati dal regime televisivo analogico, possano essere eliminati all’atto della definitiva cessazione della televisione analogica sull’intero territorio nazionale”. Un nuovo scenario che in un periodo di crisi potrebbe preludere, secondo alcuni, alla riduzione di lavoratori, oltre che di capitale sociale.