Twitter? È un pericolo per la società. Lo ha detto Recep Tayyip Erdogan, il premier turco, durante un’intervista all’emittente Haberturk, commentando le manifestazioni antigovernative che negli ultimi giorni si sono svolte ad Istanbul, Ankara e decine di altre città e hanno finora portato all’arresto di oltre 1.700 persone.
Erdogan è arrivato a definire le reti sociali, attraverso le quali i manifestanti hanno potuto comunicare e coordinarsi, “una minaccia per la società”, aggiungendo che “vi si possono trovare tutti i migliori esempi di bugie”.
Da venerdì migliaia di persone hanno iniziato a radunarsi per le strade della Turchia, protestando prima per l’abbattimento di 600 alberi a Gezi Parki, un giardino nel centro di Istanbul, e poi per la deriva autoritaria dell’esecutivo islamico-moderato degli ultimi due anni. Il tam tam sui social network è stato fondamentale per permettere alla folla di organizzarsi.
Secondo il ministro degli interni Muammer Guler negli ultimi 4 giorni ci sono state 235 manifestazioni di protesta in tutta la Turchia, ma la maggior parte degli arrestati sarebbe stata rimessa in libertà.
In un diverso contesto già da diversi mesi alcuni politici italiani stanno manifestando le loro perplessità nei confronti dell’uso delle reti sociali. In particolare in Italia è sorto un dibattito sull’uso di Twitter in ambito politico e mediatico, soprattutto relativo all’alto livello di litigiosità e alle potenzialità diffamatorie. A inizio maggio la presidente della Camera Laura Boldrini, dopo aver sostenuto di aver ricevuto minacce di morte online, ha lanciato un allarme perché sulla rete sono in atto “campagne d’odio” e ha affermato che “è tempo di fare una legge”.
Solidarietà alla collega è stata subito espressa dal presidente del Senato Pietro Grasso, secondo cui “si devono avere delle leggi che colpiscano i reati commessi attraverso il web di qualsiasi tipo, dall’insulto alla minaccia all’ingiuria alle cose anche più gravi. Occorre che ci sia una legge nazionale ma soprattutto una volontà internazionale”.
Un blogger emiliano, Alessandro M., che aveva pubblicato sul sito dei cinguettii, ma anche sul suo blog e su Facebook, una foto-beffa del presidente della Camera Laura Boldrini, si è visto arrivare in casa la Polizia postale di Bologna, che l’ha invitato a togliere l’immagine. Ancor prima il giornalista Enrico Mentana aveva annunciato la decisione di abbandonare Twitter per aver ricevuto “troppi insulti”. In campagna elettorale tutti i leader dei principali partiti politici avevano “spremuto” la popolare piattaforma di microblogging per cercare di incrementare i consensi ma, a urne chiuse, alcuni erano scomparsi dalla rete, segno di un uso non proprio corretto e lungimirante del social network. Si era distinto Silvio Berlusconi, che non ha mai voluto aprire un account sul sito dei cinguettii perché, a suo dire, “c’è troppo odio”.