LA SENTENZA

Uber, la Corte Suprema Uk: “Gli autisti sono dipendenti”

Secondo i giudici hanno diritto a ferie, malattia pagata e salario minimo. Ora il tribunale del Lavoro dovrà decidere l’entità degli indennizzi per i 25 driver che hanno intentato la causa

Pubblicato il 19 Feb 2021

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Gli autisti di Uber impiegati nel Regno Unito vanno considerati dipendenti, non collaboratori free lance. Lo ha stabilito oggi la Corte Suprema britannica confermando come il verdetto di un precedente grado di giudizio che aveva dato torto al colosso Usa dei taxi online e ragione ai lavoratori ricorrenti.

La sentenza costringerà l’azienda – già impegnata nei mesi scorsi in uno scontro giudiziario con il Comune di Londra chiuso col mantenimento della licenza solo dopo diverse concessioni su sicurezza e diritti sul lavoro – a garantire contratti e tutele rafforzate agli autisti, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali.

Secondo la Corte gli autisti hanno diritto a ferie e malattia pagate e ad un salario minimo e devono essere considerati lavoratori subordinati a tutti gli effetti, come conseguenza del collegamento all’app nel momento in cui iniziano il proprio turno di lavoro, fino al termine dello stesso. Uber sosteneva che questo criterio dovesse applicarsi solamente quando gli autisti avevano a bordo dei passeggeri.

Ora il tribunale del lavoro dovrà ora decidere l’entità degli indennizzi per i 25 autisti che hanno intentato la causa contro Uber.

La sentenza si applica solamente a questi 25 autisti ma crea comunque un precedente giurisprudenziale fondamentale per almeno un migliaio di cause simili attualmente incardinate in alcuni tribunali Uk.

Nei giorni scorsi il ceo di Uber, Dara Khosrowshahi, si è detto pronto a “fare di più e ad andare più a fondo” per migliorare le condizioni dei lavoratori, in vista della pubblicazione delle proposte dell’Unione europea in materia.

Il white paper inviato da Uber alla Ue

Uber difende il proprio modello di business di fronte ai regolatori dell’Unione europea: la sua attività è quella di una piattaforma tecnologica e i suoi collaboratori non possono essere classificati come dipendenti, bensì lavoratori autonomi. In un white paper rivolto alla Commissione europea l’azienda del ride hailing ha illustrato la sua posizione in vista della consultazione che si terrà il 24 febbraio e in cui Bruxelles cercherà di raccogliere commenti e valutazioni dai lavoratori e dai sindacati della gig economy.

L’Ue è pronta a imporre nuove regole per proteggere il lavoro nell’economia “dei lavoretti”.

Uber concorda con questo punto di vista ma chiede ai regolatori di riconoscere il valore dei contratti di lavoro autonomo nella creazione di posti di lavoro. E di creare tutele per i gig worker senza riclassificarli come dipendenti.

Nel white paper Uber si rivolge alla commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, al commissario al lavoro Nicolas Schmit e ad altri rappresentanti dell’esecutivo europeo. La soluzione chie viene proposta dall’azienda guidata dal ceo Dara Khosrowshahi ricalca quella adottata in California: creare un quadro di riferimento per i lavoratori della gig economy che protegge autisti e rider che operano tramite un’app mobile ma senza che siano considerati dei dipendenti. 

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