L’idea è semplice: l’azienda sta crescendo talmente tanto velocemente – e la scala che potrebbe raggiungere è vitale per il successo come piattaforma – che non si preoccupa minimamente di fare utili. Per quello ci penserà la seconda fase, quando le azioni saranno state vendute e gli investitori prenderanno il posto degli attuali finanziatori. Proprio come a suo tempo fece Amazon che, sotto la guida di Jeff Bezos, è cresciuta velocemente e sempre con i conti in rosso per espandere il più velocemente possibile il proprio business in un settore dalla marginalità risicata e dalla competizione molto serrata. E invece adesso prospera.
Questa è la narrazione di Uber, più o meno, che però non tiene conto di un particolare cruciale: la logistica di Amazon (come il trasporto di persone) non ha margini tali da giustificare grandi guadagni. La differenza la casa di Seattle la fa soprattutto grazie ad AWS, la controllata che si occupa di cloud computing: Amazon Web Services. Così il teorema di Uber si sgonfia, perché a lei invece manca la gallina dalle uova d’oro.
Alla vigilia del suo debutto sul mercato pubblico, alla Borsa di New York, Uber spera che gli investitori paragoneranno il titolo con Amazon piuttosto che con Lyft, in realtà la sua rivale più vicina. Uber infatti ha in programma di confrontarsi con Amazon durante il suo roadshow pre-IPO per giustificare i miliardi di dollari che continua a perdere, secondo quanto scrive il New York Times.
Non c’è da meravigliarsi perché Uber scelga Amazon come modello, a giudicare dalle prestazioni del titolo. Il prezzo delle azioni di Amazon si è passato da 18 dollari al suo debutto nel 1997 a quasi duemila oggi. Lyft, al contrario, è caduta dal suo prezzo d’esordio di 72 dollari di questo marzo a poco più di 57 dollari.
Il successo di Amazon nel mercato pubblico nonostante la perdita di denaro per gran parte della sua esistenza è il paragone preferito da parte di moltissime società che debuttano in Borsa senza profitti. Ma Amazon è l’eccezione, non la regola.
L’Ipo di Amazon rappresenta infatti un utile punto di riferimento per Uber, che ha registrato una perdita valutata a 1,85 miliardi di dollari nel 2018 insieme a un rallentamento della crescita nei ricavi. Uber ha anche riferito agli investitori di una perdita di 1 miliardo dalle operazioni per il primo trimestre del 2019 nella sua registrazione S-1 aggiornata la scorsa settimana. Anche Amazon aveva debuttato senza avere dei profitti nei libri contabili, dichiarando in maniera spavalda di avere invece programmato di investire nella costruzione della propria attività in nuove aree, così come ha detto che sta facendo anche Uber.
Come Amazon, Uber è orgogliosa di diversificare oltre il servizio principale per il quale è nota. Mentre Lyft ha ristretto il proprio focus sulla ride sharing e sulla mobilità personale, come gli scooter elettrici, Uber si è espansa nella distribuzione di cibo, merci e persino macchine volanti.
Ma per Amazon, la redditività è stata guidata in gran parte da Amazon Web Services, che rappresenta il 13% delle vendite totali su Amazon e il 50% del suo reddito operativo complessivo nel primo trimestre del 2019. Non è ancora chiaro se Uber abbia lo stesso tipo di segmento di business che possa portare a profitti di tale portata: maca insomma una gallina dalle uova d’oro nel pollaio di Uber. È infatti molto improbabile, secondo gli esperti come Paul Meeks (gestore del portafoglio di investimenti Wireless Fund), che le altre attività secondarie di Uber raggiungano il valore di AWS di Amazon.
Secondo Meeks, scrive Cnbc, «Uber cercherà di sfruttare la sua piattaforma in altri settori, ma le altre cose saranno legate ai trasporti perché è la loro cosa e il settore dei trasporti ha un sacco di giocatori già affermati».
Dopo che Uber ha valutato le sue azioni tra i 44 e 50 dollari, la sua valutazione complessiva è scesa da un valore stimato di 100 miliardi a una cifra che sta fra gli 80,53 miliardi e i 91,51 miliardi, su base completamente diluita. Ma anche alla valutazione più bassa, il confronto di Uber con Amazon rischia di essere perdente. «È una paura molto grande e giustificata – ha detto alla Cnbc l’analista di Wedbush Securities Dan Ives – perché la quotazione di Amazon è stato un evento fondamentale per chi fa investimenti in titoli tecnologici negli ultimi 20 anni». Un evento però forse irripetibile.