“Capiamo che chi ha investito i risparmi di una vita o si è indebitato non deve essere penalizzato, quindi siamo disponibili a discutere su forme transitorie di compensazione. Spetterebbe al governo stabilire come, quanto e in che forma attivarle, noi saremmo contenti di partecipare al dibattito e di discutere di come contribuire, anche economicamente”. La proposta arriva da Carlo Tursi, general manager di Uber Italia, che sottolinea la volontà di apertura di dialogo “con i tassisti e tutte le parti in causa”.
Il meccanismo, aggiunge, esiste già altrove, ad esempio in Messico dove, “d’accordo con le autorità locali, abbiamo deciso da poco di destinare l’1,5% dell’importo di ogni corsa a un fondo governativo. Esistono forme di compensazione anche in altri Paesi, posto naturalmente che non si parla solo di Uber ma anche di altri servizi simili, che possono essere concorrenti o complementari, locali o globali”.
I tassisti hanno “un ruolo importante, ma ricordiamo che oltre il 70% dei taxi operano in quattro città dove vive il 10% degli italiani. Dobbiamo pensare al restante 90% che potrebbe avere grandi benefici da un’offerta piu’ ampia e variegata, capace anche di integrarsi con i mezzi pubblici”.
“Riteniamo che la nota dell’Antitrust della scorsa settimana sia un buon punto di partenza, perché guarda con realismo ai modi possibili per affrontare una transizione dal modello attuale di organizzazione del trasporto pubblico non di linea a un futuro più aperto”. I 30 giorni che il governo si è dato per riscrivere le regole del trasporto non di linea scadono la settimana prossima, ma Uber, riferisce Tursi, non è ancora stato convocato.
Il ministero dei Trasporti guidato da Graziano Delrio sta intanto lavorando al riordino del settore che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Secondo Tursi è possibile una forma di coesistenza pacifica tra tutti gli autori. Perché, registra un recente studio dell’università di Oxford, l’avvento di Uber ha in realtà provocato un aumento della domanda, facendo registrare una contrazione media del valore delle licenze di circa il 10% soltanto “per l’effetto dell’aumento del 10% delle licenze concesse”, contabilizza Tursi. Martedì il Mit incontrerà Uber.
“In Italia d’altronde si è creato negli ultimi decenni un mercato di compravendite delle licenze dei taxi tollerato. Tecnicamente non è possibile venderla, ma solo cederla a familiari per via ereditaria. Eppure basta creare una società ad hoc e procedere alla cessione di ramo d’azienda dove la licenza è l’unico asset materiale della scatola societaria”, puntualizza Tursi.
La scorsa settimana Uber si era detta pronta ad incontrare i tassisti, i quali però avevano rispedito la palla al mittente. Anzi, proclamando un nuovo sciopero il 23 marzo. “Ancora una volta siamo stati umiliati. Il governo non è stato in grado di fornire alcun tipo di risposta a delle semplici domande, nascondendosi dietro la sovranità del parlamento”, dicono Fit Cisl taxi, Uil Trasporti taxi, Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Usb taxi, che hanno indetto lo sciopero con Uti, Unica Cgil e Unimpresa. Non hanno firmato il documento Uri, Uritaxi, Casartigiani e Confartigianato, mentre alcune sigle si sono riservate di aderire in seguito. “Il governo non può tenere la pistola puntata sulla nostra testa con il ddl Concorrenza e chiederci di sederci al tavolo per i decreti attuativi” ha detto Valter Drovetto, vicesegretario Ugl Taxi. Saranno rispettate le fasce di garanzia e durante lo sciopero saranno assicurati i servizi sociali, cioè il trasporto di anziani, portatori di handicap e malati.