L’Authority dei Trasporti chiamata in causa nella nuova puntata nella guerra tra i tassisti e Uber, la startup nata a San Francisco e diventata in pochi anni una multinazionale che propone in tutto il mondo la sua app per noleggio conducente da smartphone.
Questa mattina centinaia di tassisti provenienti da tutta Italia in rappresentanza di circa venti associazioni di categoria hanno sfilato in corteo a Torino, città dove ha sede l’Authority di regolazione dei Trasporti. Dopo un’ora di incontro in prefettura, nel pomeriggio è prevista la convocazione da parte del presidente dell’Authority Andrea Camanzi. Il 19 febbraio, invece, l’Authority dovrebbe vedere i rappresentanti dei Comuni e delle Regioni, poi quelli della società Uber (ma non i driver di UberPop, applicazione di Uber) e del servizio noleggio con conducente. Intanto, per tutta risposta, la società californiana ha deciso di tagliare le tariffe del 20 per cento. Nei messaggi promozionali ai suoi utenti Uber ha fatto sapere che, a causa dello sciopero dei tassisti, non è in grado di far fronte a tutte le richieste, ma ha deciso di applicare lo sconto del 20 per cento e ha aggiunto che sarà valido per i prossimi giorni.
“Chiediamo legalità e rispetto delle regole – ha detto Valter Drovetto, vice segretario nazionale Ugl Taxi – chi costa meno è perché non paga le tasse e fa tariffe a discrezione, rispetto a noi che abbiamo il tassametro piombato. Uber – continua Drovetto – effettua un servizio senza rispettare tutte quelle garanzie che da sempre ci vengono richieste. In questo modo si danneggiano 100mila tra tassisti e autonoleggiatori. Uber deve fermarsi”.
Andrea Camanzi si era pronunciato sulla questione a gennaio, intervenendo a una trasmissione radiofonica di Radio Rai 1. “Il tema della legittimità della piattaforma Uber – aveva dichiarato Camanzi – dipende da come questa soluzione tecnologica viene utilizzata. Se, infatti, essa viene adoperata come piattaforma di prenotazione, allora il problema attiene ai profili della liberalizzazione nel settore dei “servizi di autotrasporto pubblico non di linea” e, quindi, di un’armonizzazione della legislazione vigente con l’avvento di queste nuove tecnologie”.
“Diverso è il caso – aveva aggiunto il Presidente dell’Autorità dei trasporti – di servizi, come quelli denominati “Uber-Pop”, in cui si offrono servizi di trasporto di cortesia per finalità semi-commerciali. In questa circostanza è evidente che si pone un problema di sicurezza che dev’essere garantita al cittadino e su cui va fatto un serio approfondimento”.
La questione si è “surriscaldata” dopo che, pochi giorni fa, il giudice di pace di Genova, Giovanni Gualandi, ha accolto il ricorso presentato da un driver Uber che era stato sanzionato come tassista abusivo. Secondo il giudice Uber è “condivisione volontaria della propria auto per esigenze di mobilità privata all’interno di un social network”.
“La sentenza – ha commentato la general manager per l’Italia di Uber Benedetta Arese Lucini – conferma che il servizio offerto non è in alcuna maniera relativo a un servizio taxi abusivo”, perché “se il servizio di taxi è un trasporto pubblico e come tale obbligatorio, caratterizzato da tassametro, partenza da piazzole riservate e utenza indifferenziata, Uber è cosa del tutto diversa”.