L’APPELLO

Ugl: “Call center, basta gare al ribasso”

Per Stefano Conti, segretario nazionale del sindacato, il settore è stretto tra logiche aggressive di contenimento costi e ritardi nei pagamenti da parte della PA

Pubblicato il 12 Feb 2013

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Basta con le gare al ribasso per i call center. L’appello arriva dalle Segreterie Nazionali di Ugl Telecomunicazioni ed Ugl Igiene Ambientale.

“Ormai da lungo tempo – dichiarano in una nota congiunta – denunciamo nel settore delle telecomunicazioni la consuetudine dei committenti di assegnare appalti ai call center in outsourcing a prezzi di molto inferiore al costo medio del lavoro come previsto dal contratto nazionale di lavoro di categoria”.

“Purtroppo – continua Stefano Conti, segretario nazionale Ugl Telecomunicazioni – una logica molto aggressiva di contenimento dei costi applicata dalle grandi aziende, unitamente ai grandi ritardi nei pagamenti ai fornitori da parte degli enti pubblici, ha causato negli ultimi anni la perdita di migliaia di posti di lavoro, molti dei quali sono stati trasferiti all’estero per effetto delle delocalizzazioni; il tutto è bene sottolinearlo, a scapito della qualità del servizio erogato agli utenti”.

E’ da tempo che i sindacati di categoria protestano contro le gare al massimo ribasso per i call center. Per esempio a maggio scorso, a proposito di una gara aperta da Enel per una commessa da soli 50 milioni di euro – giudicata una cifra troppo bassa per ripagare il vincitore il costo del lavoro e degli investimenti necessari a garantire il servizio – era intervenuta la segreteria nazionale Slc-Cgil. “Le politiche di massimo ribasso applicate dai committenti – aveva scritto – mettono seriamente a rischio un settore che dà lavoro a svariate migliaia di donne e uomini, spesso in zone del Paese dove certo non abbondano le offerte di occupazione dignitosa e stabile”.

Da questa mattina circolano per le vie di Roma diversi camion vela pubblicitari per l’inizio di una campagna nazionale contro le gare al massimo ribasso delle aziende sia pubbliche che private.

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