L'INTERVISTA

Uilcom, Salvo Ugliarolo: “Urgente una cabina di regia unica sulle tlc”

Il segretario generale del sindacato: “Manca una comprensione dei temi chiave per il settore a livello governativo. Serve una politica industriale per non perdere le opportunità di crescita economica e occupazionale”

Pubblicato il 03 Mag 2022

ugliarolo
“Le aziende della filiera delle telecomunicazioni e i sindacati stanno facendo la loro parte per la digitalizzazione del Paese, la formazione delle nuove competenze e la crescita dell’occupazione. Ma il governo non ha ancora compreso la centralità del settore delle tlc per lo sviluppo del Paese varando appropriate politiche industriali”. Lo ha affermato Salvo Ugliarolo, Segretario Generale Uilcom-Uil, intervenuto a Telco per l’Italia, l’evento CorCom-Digital360.
Il progetto di scorporo della rete di Tim vi preoccupa sul fronte occupazionale?
Ci preoccupa per l’effetto di trascinamento sull’intero settore delle telecomunicazioni. Un’eventuale operazione ‘al buio’ può generare esuberi strutturali non solo in Tim ma nell’ecosistema. L’industria delle telecomunicazioni è strategica e centrale per la crescita del Paese: basti pensare che prima della pandemia la popolazione lavorativa in smart working ammontava a circa 500mila persone; dopo siamo arrivati a punte di 8 milioni, a dimostrazione di quanto le infrastrutture e le aziende telecom siano fondamentali. Eppure da anni ci ritroviamo con le istituzioni che non vogliono ragionare sulle priorità di questo settore, diversamente da quello che succede per altri settori industriali.

Che cosa chiedete al governo?

Sindacati e aziende delle tlc continuano a lavorare insieme; abbiamo chiesto ai ministri Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao di aprire un confronto, ma non lo hanno fatto. Non possiamo parlare di tlc solo quando ci sono le gare per il 5G: dobbiamo aprire un tavolo reale su uno dei grandi dibattiti industriali per il Paese, come la situazione dell’operatore nazionale e le prospettive in vista dell’eventuale rete unica delle tlc e, in generale, la centralità del settore delle telecomunicazioni. Paghiamo lo scotto di una privatizzazione sconsiderata e ora si rischia di fare il bis con uno scorporo dell’operatore verticale per creare una società ad hoc della rete che deve realizzare nel 2030 il cablaggio in fibra di tutto il Paese. Sono coinvolti 25mila-30mila lavoratori e gli ammortizzatori sociali non sono una soluzione valida nel lungo termine. Ma non è solo questione dell’operatore nazionale. È politica industriale: si è lasciato campo aperto a una competizione sfrenata sui prezzi che ha bruciato miliardi di euro per le telco, minacciando gli investimenti e l’occupazione. Un’altra questione irrisolta è quella dei subappalti dei contratti e delle licenze, che incide anche più della guerra dei prezzi sulla sostenibilità del settore. Questi sono i temi che vorremmo vedere affrontati in un tavolo tecnico che coinvolga governo, telco e sindacati.

Adesso sulle telco pesano anche i rincari dei costi dell’energia. Quale impatto prevedete e quali soluzioni sono possibili?

Ovviamente cloud, data center e antenne per il 5G usano energia e i rincari incideranno. Ma anche la normativa ha un ruolo importante, come nel caso dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche: essendo in Italia più bassi per legge obbligano le telco a posare molte più antenne e celle e queste hanno un grande consumo energetico. Poi ci sono i costi delle componenti e i ritardi lungo le supply chain. Molto dipende dal contesto macroeconomico e geopolitico, ma ancora una volta paghiamo i ritardi nelle politiche industriali. Per questo insisto sulla necessità di una cabina di regia centrale cui contribuiscono aziende, enti pubblici e parti sociali per una dare visione unica su questa industria fondamentale. Sui temi chiave per le tlc c’è un carenza di visione dei politici e il rischio è di bloccare la digitalizzazione e lo sviluppo del Paese. Nel 5G, per esempio, il no di alcuni Comuni alle antenne rischia di creare un’Italia a due velocità, con città e aree dove il 5G dà valore a imprese e cittadini e altre che restano indietro e perdono opportunità. Una vision centrale e condivisa aiuterebbe a evitare questa adozione a macchia di leopardo.

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