Una partita a squadre o ognuno giocherà per sé? Ma, soprattutto, la banda ultralarga nelle aree a più elevata “appetibilità” del Paese (i cluster A e B) la porterà (prevalentemente) Telecom Italia oppure i competitor sono seriamente intenzionati a salire sul treno della fibra? A parte le lettere di intenti, firmate, rifirmate e prorogate e al netto di alcune iniziative spot – fra sperimentazioni e progetti pilota – gli Olo al momento non hanno dato grande prova sul campo della fibra.
Fastweb, la fiber company italiana “nativa”, se è vero che ha chiuso il 2015 con il “record” storico di copertura (oltre un milione le nuove unità immobiliari raggiunte dalla fibra per un totale di 6,3 milioni di unità cablate) è ben lontana dal “mass-market” e di certo non può competere con Telecom in tema di investimenti, di obiettivi di lungo periodo, di “numeri” insomma. Vodafone, seppur sia stata etichettata come “regina” della banda larga dall’Istituto Tedesco Qualità e Finanza, è forte sul 4G mobile e sul 4G+ (già disponibile in 700 Comuni), ma sul fronte fibra al momento non conta numeri ragguardevoli al confronto con il maggior competitor. I servizi in fibra – ha dichiarato la società in occasione della presentazione dei dati trimestrali al 31 dicembre 2015 – sono disponibili in 177 città e raggiungono oltre 7 milioni di famiglie, di cui 3 milioni su rete propria in fibra ottica.
La linea dell’orizzonte però non è chiaramente visibile. Due i “dossier” aperti e dal cui esito dipenderà il “disegno” dello scenario futuro: Metroweb e Enel. Riguardo a Metroweb, lo sanno anche le pietre, la questione “newco-si, newco-no, condomini-si, condomini-no” è diventata una sorta di al-lupo-al-lupo a cui ormai non crede più nessuno. I “falsi allarmi” che da anni vedono protagonista la società sono rimbalzati agli onori della cronaca ma senza sortire risultati di sorta. Qualcuno sostiene che questo è il momento buono.
Ma meglio evocare San Tommaso prima di venire a conclusioni. Ad ogni modo pare che questa volta le condizioni per mettere fine alla saga ci sono tutte, a partire da quella, prioritaria di definire nel bene e nel male il destino di un’azienda, partecipata da Cdp (la società è controllata da F2i con il 53,8% e dal Fondo Strategico Italiano di Cdp al 46,2%), che non ha sortito finora la redditività che avrebbe dovuto sortire per giustificare l’investimento della Cassa. L’Ad Fabio Gallia nei giorni scorsi ha detto che “Metroweb è una partecipazione stabile e strategica” e che Cdp intende “valorizzare” la partecipazione, facendo intendere che valorizzare non fa rima (in questo caso) con dismettere. Per valorizzare però servono risorse. Chi ce le mette? E chi li fa gli investimenti per portare la fibra nelle città? È qui che entrerebbe in gioco Telecom Italia: la società punterebbe – stando agli ultimi rumors – ad acquisire la maggioranza di Metroweb (inizialmente il 67% con un’opzione dl call fino al 100%) per poi avviare un piano, del valore di 2,5 miliardi, per cablare 250 città in tecnologia Ftth attraverso Metroweb Sviluppo (partecipata al 100% da Metroweb) che farebbe da “veicolo”.
Antitrust piacendo, visto che l’operazione potrebbe generare “posizioni dominanti” e annessi “abusi”. E l’Authority presieduta da Giovanni Pitruzzella non è l’unica ad avere il coltello dalla parte del manico. La questione dei prezzi e delle modalità di accesso alle nuove reti da parte dei concorrenti sono determinanti al punto da condizionare il destino del piano. “Abbiamo avuto un incontro molto preliminare con l’Agcom al fine di capire il contesto regolatorio applicabile per un’eventuale operazione”, ha dichiarato l’Ad di Telecom Italia Marco Patuano a seguito del primo incontro in Agcom. “Stiamo parlando di investimenti molto cospicui in un ambiente in cui le regole e il modo in cui operano gli operatori sia cooperativo e collaborativo”. Insomma, siamo (ancora) ai preliminari e lo stesso presidente dell’Agcom Marcello Cardani ha parlato di “un progetto di carattere generale”. Nel frattempo la saga si arricchisce di un nuovo capitolo, quello che riguarderebbe una possibile liaison fra Enel (Open Fiber), Vodafone e Wind, uniti appassionatamente per realizzare una rete alternativa a quella di Telecom o di Telecom-Metroweb che sia. Un progetto che coinvolgerebbe anch’esso 250 città, inizialmente le più redditizie.
E Enel addirittura pare stia giocando su due tavoli, visto che non sarebbe esclusa l’ipotesi di un asse con Metroweb, e in questo caso le valutazioni dipenderebbero dal valore “dell’asta” e la società capitanata da Francesco Starace ha già fatto presente di non essere disponibile a giocare al rialzo. Su quale dei due progetti penderà la bilancia – a patto che penda da qualche parte – è anche in questo caso presto per dirlo. Questi i fatti al momento: l’annunciato piano Enel sulla banda ultralarga per ora non si è visto; Wind e Vodafone hanno continuato a prorogare la scadenza dei tempi legati alla lettera di intenti per fare la “newco” con Metroweb e starebbero per proprogare nuovamente in vista della scadenza di fine febbraio. Vero è che il cambio di rotta da parte del governo in merito all’uso dei fondi pubblici nelle aree C e D (a fallimento di mercato) – le risorse saranno impiegate per la realizzazione di una rete a totale proprietà pubblica – e quindi il nuovo ruolo affidato a Infratel hanno sparigliato le carte in tavola. Ma Enel per il momento non ha annunciato dietrofront. E non è da escludersi che buona parte del piano vada a concentrarsi sulle aree A e B, quelle in cui è possibile fare business visto che in quelle C e D l’intervento di Stato rischia di essere compromesso a causa dei “mancati” guadagni.
Intanto il Cobul si prepara ad aprire la discussione proprio sulle aree A e B: sarà possibile – nonostante i rigidi paletti della normativa europea sugli aiuti di stato – utilizzare fondi pubblici per finanziare il “salto di qualità tecnologico” (quello che prevede i 100 Mb passando dall’Adsl alla fibra)? E resta aperta anche la questione voucher. Nella delibera Cipe di agosto, quella che ha stanziato i primi 2,2 miliardi, è scritto che ai cluster A e B “saranno destinati circa il 50% del volume di risorse complessive definito dalla Strategia (Piano Banda Ultralarga, ndr) utilizzabili sia per le infrastrutture che per gli inventivi all’utente finale”.