Sviluppo della rete e dei servizi 5G, digital transformation delle imprese, convergenza spinta e Ott. In che modo gli elementi che costituiranno i fondamenti dell’economia nazionale e globale nei prossimi anni impatteranno sull’occupazione e come ha intenzione di rispondere la classe politica italiana? Di questo si è discusso durante la tavola rotonda “L’ultrabroadband leva di competitività e occupazione”, appuntamento inserito nella cornice di Telco per l’Italia 2019, di scena oggi a Roma, alla quale hanno partecipato esponenti del parlamento e rappresentanti di aziende e lavoratori. La parola d’ordine è ecosistema, sia quando si parla di diffusione della cultura digitale in un Paese che da questo punto di vista risulta fanalino di coda nella classifica europea, sia nel momento in cui settori e filiere sono chiamati a confrontarsi per far fronte alle minacce di disintermediazione e alla concorrenza che arriva da Ott e operatori stranieri.
Massimiliano Capitanio, deputato della Lega, ha per l’appunto sottolineato la necessità di una svolta digitale a partire dalla scuola primaria dove, con la reintroduzione dell’educazione civica, gli studenti possano sviluppare la consapevolezza dell’importanza della cittadinanza digitale. “La legge è stata introdotta alla Camera, ora attendiamo il passaggio in Senato. Rispetto a quello che possiamo fare per il futuro dei cittadini sotto il profilo dell’occupazione, penso sia poi indispensabile stimolare la formazione superiore: le aziende hanno bisogno di tecnici informatici e programmatori, oltre che di laureati in matematica in grado di ricoprire le posizioni che si apriranno sul fronte dei big data. Credo sia giunto inoltre il tempo di realizzare una commissione parlamentare per le infrastrutture digitali, che si occupi trasversalmente di questi temi”. Capitanio ha anche evocato la necessità di formalizzare una delega, a livello di sottosegretariato, che si occupi esclusivamente di telecomunicazioni.
“Più che potenziare, bisogna moltiplicare gli istituti tecnici, e migliorare la collaborazione tra università e aziende”, ha rilanciato Umberto De Julio, Presidente, Anfov/Quadrato della Radio. “Guardando al medio termine, il bilancio tra occupazione che si perde e che si creerà sull’onda delle nuove tecnologie, sembra positivo, ma i risultati positivi non saranno immediati e soprattutto non è detto che i posti si creino proprio nei Paesi dove sono stati persi. Dobbiamo fare in modo, attraverso la formazione, che il bilancio sia positivo per il nostro Paese”. De Julio ha aggiunto che vanno riproposti i provvedimenti del piano Impresa 4.0, portando avanti nuove iniziative per sostenere le startup tecnologiche, precisando che in questo senso il governo attuale ha fatto più di qualsiasi altro esecutivo del passato.
Paolo Romano, deputato della maggioranza in quota Movimento 5 Stelle, ha colto l’assist per ribadire la necessità di ripensare le piattaforme di formazione, che devono tenere conto del fatto che “i lavori del futuro oggi nemmeno esistono”. Ma questa va vista come un’opportunità: penso alla sperimentazione che si sta conducendo a Torino su 5G e veicoli autonomi, e a come questa evoluzione potrà rilanciare nel medio termine la tradizione automobilistica di cui è erede Fca.
Non tutti però sono d’accordo con la visione ottimistica di De Julio: “Sui temi dello sviluppo e dell’occupazione nei settori digitali il governo ha un potere decisionale che non sta esercitando”, ha commentato Maurizio Gasparri, deputato di Forza Italia, parlando della possibilità di creare una Web tax nazionale e di ovviare all’insorgenza di un mercato dove a farla da padrone è la pressione competitiva, che erode valore per l’intera filiera. “La convergenza è andata al di là di quanto si immaginasse: le decisioni delle autorità vanno rispettate, ma forse qui hanno ecceduto nel sostegno alla concorrenza. In passato chi si è occupato della legislazione per il settore radiotelevisivo è stato accusato di aver favorito le concentrazioni. Oggi è sotto gli occhi di tutti che quelle concentrazioni hanno permesso a molte società italiane di sopravvivere all’arrivo dei colossi internazionali – rispetto ai quali risultano comunque dei nani – e di continuare a garantire occupazione a migliaia di persone”.
Il tema delle concentrazioni è stato toccato anche da Salvo Ugliarolo, Segretario Generale di Uilcom, che prima di ogni altra cosa ha richiamato l’attenzione sulla capacità di investimento delle telco, citando i 6,5 miliardi di euro spesi per l’acquisizione delle licenze di utilizzo delle frequenze 5G. “Ci ritroviamo però in un contesto di difficoltà sul fronte occupazionale. L’auspicio è riuscire a inserire tra gli innumerevoli impegni in agenda anche una riflessione sul problema strutturale di come gestire l’efficientamento delle risorse rispetto al tema occupazionale. Andrebbe aperto un confronto serio, ragionevole, serio sul ricollocamento delle professionalità che hanno un’età media avanzata ma non ancora sufficiente per la pensione”. Tornando a bomba sull’attuale assetto del mercato, Ugliarolo ha detto che bisognerebbe provare a risolvere alcune anomalie di mercato che l’Italia si porta dietro da tempo. “Il caso Open Fiber è un unicum in Europa: serve che lo Stato rientri nell’azionariato di Telecom, magari facendo leva su Cassa depositi e prestiti, e che Open Fiber e Telecom costruiscano sinergie anziché farsi concorrenza”. Il sindacalista ha poi ricordato le battaglie politiche fatte per spiegare che non servono quattro operatori mobile in Italia: “Dopo il merger tra Wind e Tre non c’era alcun bisogno di lasciare spazio a un altro player, che di fatto ha danneggiato il mercato. Iliad ha 200 dipendenti e fa concorrenza a Tim, Vodafone e Wind Tre che ne contano migliaia”.
Laura di Raimondo, direttore generale di Asstel, ha commentato il dibattito dicendo che in un contesto del genere bisogna “osare cambiare, e non farlo da soli. Solo lavornado a livello di ecosistema senza lasciare fuori nessuno, garantendo sostenibilità all’occupazione esistente e sviluppando nuove opportunità occupazionali. Occorre delineare traiettorie per fare sistema, trovare soluzioni organiche, e sviluppare velocità nel dare risposte. Quando c’è da agire sulla cultura digitale, serve una chiamata generale alle armi e le filiere diventano strategiche”.