L’idea di contarle è venuta ad Assinform: nel decreto Crescita 2.0 uscito dal consiglio dei ministri la parola “comma” figurava per ben 610 volte. Quella “Internet” appena una volta. Nel testo finito in Gazzetta Ufficiale è andata un po’ meglio: 617 contro 8. Fare dell’ironia sarebbe facile.
Eppure, il decreto che va al vaglio delle Camere non è affatto uno scherzo. Non sono mancate le osservazioni critiche (dai rilievi sulla limitatezza dei fondi stanziati alle osservazioni sulla carenza di un impianto riformatore più complessivo), ma non si può ignorare che Crescita 2.0 è il maggiore sforzo mai fatto per stimolare la crescita dell’economia digitale italiana e trasformare la pubblica amministrazione nel suo modo di relazionarsi e fornire servizi ai cittadini ma anche (premessa indispensabile) per realizzare la metamorfosi digitale dei suoi processi interni.
Un impianto organico (con tutti i suoi limiti) che va ben al di là di quel progetto di E-gov 2012 lanciato dall’ex ministro Renato Brunetta e molto rimasto alle buone intenzioni, schiacciato fra l’incudine della crisi finanziaria che ha tolto risorse e il martello di una Pubblica Amministrazione che fatica a riformarsi quando addirittura non rema contro.
C’è dunque da augurarsi che nel passaggio alle Camere il decreto possa essere sì migliorato ed arricchito, ma non stravolto: non sarebbe la prima volta che succede.
Molto si è parlato di start-up per l’impulso che la nuova normativa può dare all’avvio (e speriamo al successo) di nuove imprese, giovani e innovative. Ma alcuni provvedimenti come il documento digitale unificato, l’anagrafe unica, gli open data, la sanità digitale, la giustizia digitale, l’e-payment appaiono, ci sia consentita l’enfasi, “rivoluzionari”.
Mancano i decreti attuativi: speriamo arrivino prima della fine di questa legislatura. Ma è soprattutto alla prossima che ne spetta la realizzazione. Siamo alla vigilia di una campagna elettorale. Sarebbe bene che i partiti che si candidano a governare l’Italia dicessero chiaramente prima delle elezioni di condividere gli obiettivi dell’Agenda Digitale e, soprattutto, si impegnassero ad attuarla. È un lascito da non sprecare.