IL CASO

“Una follia chiudere Thales”: l’allarme della Regione Abruzzo

Il gruppo francese sta valutando la chiusura dello stabilimento di Chieti. Il vicepresidente regionale Lolli: “A rischio un tassello pregiato della nostra struttura economica”

Pubblicato il 28 Dic 2015

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“Follia. È un gioiello del nostro sistema industriale, che invece rischia la chiusura perché il gruppo Thales ritiene, nonostante i successi, che non sia sufficientemente interessante mantenere aperto questo sito”. Il vicepresidente della regione Abruzzo Giovanni Lolli commenta così l’ipotesi di chiusura del centro di Thales Italia situato a Chieti paventata dalla capogruppo gruppo francese nonostante i risultati ottenuti dalla divisione nel campo europeo della ricerca.

Basti pensare al progetto SafeCop, presentato da Thales Italia assieme a Università dell’Aquila, Intecs, Cnr, Politecnico di Milano, quattro Pmi innovative e altri partner europei. Un’idea che ha ottenuto il primo posto nell’ambito del bando europeo Ecsel 2015 sbaragliando la concorrenza di altri 500 progetti presentati da oltre 900 soggetti tra imprese, atenei e centri di ricerca. Un progetto all’avanguardia che partirà ad aprile, durerà tre anni e punta a fornire tecnologie e metodi scientificamente validi per garantire la sicurezza nell’utilizzo della tecnologia wireless nei Cyber Physical Systemps (Cps).

Durante una conferenza stampa, cui hanno partecipato anche il responsabile ricerca e tecnologia di Thales Italia, Francesco Barcio, il docente dell’ateneo aquilano Fortunato Santucci e Fabrizio Citriniti di Confindustria Chieti, Lolli ha anche ricordato che “nella legge finanziaria dello Stato c’è un intero capitolo di quasi 500 milioni di euro dedicati esattamente alla cyber security e c’è un ordine del giorno in cui si indica esattamente di privilegiare quelle attività in cui esistono le attrezzature, facendo cenno esplicito alle attrezzature e alle attività abruzzesi”. Il vicepresidente della Regione ha spiegato poi che “in discussione non ci sono solo i cento posti di lavoro, c’è un pezzo pregiatissimo della nostra struttura economica e direi perfino culturale”.

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